Ricorso a Strasburgo contro il no della Francia all’estradizione degli ex Br
Un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’Uomo contro il no della Corte di cassazione francese all’estradizione, chiesta dal governo italiano di 10 terroristi di estrema sinistra. Esponenti per lo più delle Br che hanno trovato asilo in Francia, dopo gli anni di piombo, sulla scia della dottrina Mitterand. A presentare l’istanza agli eurogiudici sono stati i familiari di Michele Granato – l’agente di polizia ucciso dalle Brigate Rosse il 9 novembre del 1979 a Roma – in seguito ad un’ iniziativa, promossa dall’avvocato Walter Biscotti, dopo il no della Suprema corte francese del 28 marzo scorso, da considerare definitivo vista la rinuncia della procura generale a contestarlo.
Per i 10 , di cui 8 uomini fra i quali Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, e 2 donne (le ex Br Marina Petrella e Roberta Cappelli) la richiesta di estradizione era già stata respinta dal Tribunale.
Il rispetto alla vita privata e familiare degli ex terroristi
Un no che la presidente della Chambre de l’Instruction aveva motivato con il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, il giorno dopo, aveva però affermato che «quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in Italia». Di conseguenza, il procuratore generale della Corte d’appello di Parigi, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva immediatamente presentato un ricorso alla Corte di Cassazione, ritenendo necessario appurare se gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia beneficeranno o meno di un nuovo processo se la Francia li consegnerà. Lo stesso procuratore contestava la decisione del tribunale sulla presunta violazione della vita privata e familiare degli imputati.
Diverso il punto di vista degli ex brigatisti. «Quanto mi fa godere la Cassazione francese…». Questo era stato il commento su Facebook di Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea, alla decisione dei giudici di Parigi di confermare il rifiuto all’estradizione dei 10 ex Br degli anni di piombo in Italia. Galmozzi è stato condannato per gli omicidi dell’avvocato Enrico Pedenovi e del poliziotto Giuseppe Ciotta.
La possibile violazione del diritto alla vita
A chiedersi quale giustizia può preoccuparsi del rispetto della vita privata e familiare di chi si è macchiato di atti di sangue, senza pensare ai diritti di chi quegli atti li ha subìti, erano stati i familiari delle vittime. Oggi sono proprio loro a tentare la strada di Strasburgo.
Per l’avvocato Andrea Saccucci, professore di diritto comunitario e internazionale, la Cedu potrebbe essere chiamata ad esprimersi sulla violazione da parte della Francia, dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo , sul diritto alla vita, avendo precluso l’esecuzione delle sentenze di condanna.
Fonte: Il Sole 24 Ore