Rifiuti organici, è necessario rendere più efficace il riciclo

Rifiuti organici, è necessario rendere più efficace il riciclo

A riciclare la frazione umida dei rifiuti in Italia, si può arrivare a perdere quote tra il 20 e il 30% di materia, in scarti. Un recente studio commissionato da Biorepack (consorzio per il riciclo di imballaggi in bioplastica compostabile) all’Università di Tor Vergata per verificare la gestione delle bioplastiche nel trattamento dei rifiuti organici, ha analizzato le performance dei 112 principali impianti italiani, che nel 2022 hanno prodotto una media del 21,9% di scarti. Solo 22 impianti mantengono gli scarti al di sotto del 10%, 67 superano la soglia del 20%. Secondo lo studio, una produzione di scarti maggiore del 15% rispetto al rifiuto trattato risulterebbe economicamente non sostenibile, considerando che le attuali tariffe medie per lo smaltimento degli scarti sono, nella migliore delle ipotesi, circa il doppio di quelle del ritiro del rifiuto organico.

Le bioplastiche

Impianti poco efficienti e raccolta sporca sono dunque i fronti su cui lavorare. Spiega Marco Versari, presidente di Biorepack: «Ci preoccupa trovare tante bioplastiche negli scarti insieme ad altre matrici biodegradabili come ramaglie, gusci di frutta, ossa o valve di molluschi, oltre che a plastiche tradizionali e materiali non conformi. È necessario rendere efficiente il trattamento per non perdere materia e produrre meno compost. Certo, a monte è fondamentale una raccolta più pulita. Come Biorepack stiamo investendo in attività di informazione e comunicazione, siamo l’unico soggetto che sta impiegando risorse per arrivare al cittadino e parlare di raccolta dell’umido». La pratica è da un anno obbligatoria nell’Ue «ma non mi sembra sia un tema all’ordine del giorno», commenta Versari: «Mi auguro che questa Commissione lo riprenda in mano e faccia il possibile per mettere risorse non solo per l’energia ma anche per l’industria del riciclo». Tra l’altro, secondo i dati Eurostat 2023 la maggior parte delle materie riciclate importate dall’Italia extra Ue (il 63,3%) è proprio compost.

I compostatori

Lella Miccolis, presidente del Consorzio italiano compostatori , conferma come la qualità della raccolta stia peggiorando: «Nel 2022 il dato medio nazionale di materiali non compostabili presenti nel rifiuto organico era al 7,1%, nel 2023 è salito un po’, superando l’8%. Impianti con tanta impurità in entrata avranno una quota più alta di scarto in uscita, l’effetto trascinamento vale 2,5-3,5 volte la quantità iniziale. Bisogna dunque migliorare la qualità. Specialmente alla luce del cambiamento degli obiettivi europei, che si sono spostati dalla raccolta differenziata al riciclo effettivo, cioè quanto rifiuto raccolto separatamente viene trasformato in risorsa, compost nel nostro caso. È necessario che gli impianti adottino tecnologie avanzate e processi integrati (digestione anaerobica e poi compostaggio). È anche necessario che da parte dei Comuni vengano rispettati i Criteri ambientali minimi (Cam) previsti dal Mase, secondo i quali le impurità merceologiche nei rifiuti organici non dovrebbero superare il 5%. Ci dovrebbero essere più controlli e sanzioni. E l’uso obbligatorio, su cui c’è uno scarso rispetto, del sacchetto compostabile certificato».

Come ha ricordato recentemente anche Laura D’Aprile, capo dipartimento Sviluppo sostenibile del ministero dell’Ambiente, con il Pnrr è stato finanziato anche il rinnovamento degli impianti di gestione della frazione organica: «I nuovi impianti devono essere integrati, per la produzione di compost, biogas e gestato, così da permettere economie di scala. Gli impianti moderni non hanno problemi di trascinamento. Attualmente c’è un parco impianti datato, che va ammodernato». Proprio dal Pnrr ci sono 450 milioni di euro sul piatto, dedicati alla costruzione e all’ammodernamento degli impianti pubblici di riciclo rifiuti urbani.

La quantità raccolta

Resta basilare aumentare anche la quantità raccolta di organico (nel 2023 cresciuta del 3,2% secondo gli ultimi dati Ispra), sia per raggiungere gli obiettivi europei di riciclo dei rifiuti urbani (di cui l’umido rappresenta quasi il 40%) sia per alimentare un parco impianti che, anche prima dei fondi Pnrr dedicati, è a rischio di sovracapacità.

Fonte: Il Sole 24 Ore