Robert Nozick e l’affermarsi della giustizia libertaria

L’approccio utilitaristico

Nell’approccio utilitaristico – ne abbiamo parlato a lungo nelle settimane passate – il benessere di una società è dato dall’aggregazione delle utilità dei singoli individui. Ogni intervento politico deve essere valutato, quindi, sulla base degli incrementi o delle riduzioni del benessere sociale che esso produrrà. Questo vuol dire, per esempio, che se per costruire una strada che aumenterà di poco il benessere di moltissimi cittadini, sarà necessario diminuire considerevolmente il benessere di pochi a causa dell’espropriazione di case o terreni, tale politica troverà supporto nel principio utilitaristico poiché la somma di piccoli ma numerosi incrementi supererà con tutta probabilità quella di poche ma considerevoli riduzioni del benessere.

Con lo stesso argomento è possibile giustificare politiche redistributive del reddito. Siccome, per il principio dell’utilità marginale decrescente, la stessa somma di denaro produce più utilità per chi ha un reddito basso rispetto a quella che produce in chi ha un reddito elevato, allora la riduzione del reddito di questi ultimi attraverso una redistribuzione verso i più poveri non farà altro che aumentare il benessere sociale inteso come somma delle utilità individuali.
Emerge, quindi, che una delle caratteristiche principali dell’utilitarismo è la possibilità di “scambiare” il benessere dei singoli individui focalizzandosi sul benessere collettivo. Se è possibile far star meglio due persone facendone star peggio una sola, allora ben venga, sostengono gli utilitaristi. Un approccio non estraneo a molte delle pratiche politiche contemporanee.
Su questo punto la critica di Rawls e di Nozick è comune.

L’insoddisfazione

L’insoddisfazione rispetto a tale posizione, come scrive Rawls in Una Teoria della Giustizia, nasce dal fatto che l’utilitarismo “non prende sul serio la distinzione tra le persone” (Rawls: 1999a, p. 24). Ciò vuol dire che sebbene sia possibile immaginare un singolo individuo che soppesa l’effetto netto di una perdita e di un guadagno di utilità per prendere una decisione che lo riguarda personalmente, non è concepibile una stessa operazione tra soggetti differenti. Se da una parte è ragionevole scegliere di andare dal dentista, per usare uno degli esempi di Nozick, per evitare sofferenze peggiori che potrebbero manifestarsi in futuro, appare meno ragionevole limitare la libertà di pochi anche se questo dovesse portare un beneficio a molti. Perché non sarebbe giusto farlo?

“Perché (…) non esiste alcuna entità sociale – scrive Nozick a questo riguardo – con un proprio bene, che sopporti sacrifici per il suo bene. Ci sono solo individui, individui differenti, con vite individuali differenti. Usando uno di questi individui a beneficio di altri, si usa lui e si reca beneficio agli altri, niente di più: gli viene fatto qualcosa a vantaggio di altri. Parlare di un bene sociale complessivo nasconde tutto ciò. (Intenzionalmente?) Usare una persona in questo modo non rispetta né tiene in sufficiente considerazione il fatto che si tratta di una persona separata, che la sua è l’unica vita che ha da vivere. Quella persona non ottiene dal proprio sacrificio alcun bene che ne superi il valore, e nessuno ha titolo per costringerlo a ciò – meno di tutti uno stato o governo che pretenda la sua obbedienza (cosa che altri individui non fanno) e che pertanto deve essere scrupolosamente neutrale nei confronti di tutti i suoi cittadini” (Anarchia, Stato e Utopia, Il Saggiatore, 2000, p. 54).

La scelta

Qual è l’alternativa allora? L’alternativa va ricercata per entrambi i filosofi nell’etica kantiana e nella sua prospettiva che vede gli individui essenzialmente come fini e non come mezzi. Non puoi usare nessuno, contro la sua volontà, neanche se questo dovesse produrre un grande beneficio per molti.
Sarà interessante vedere come due teorie che partono dallo stesso problema e propongono di trovare una soluzione sulla base dello stesso approccio, finiranno per arrivare a conclusioni così diametralmente opposte: il liberalismo socialdemocratico rawlsiano, da una parte, e l’anarchia libertaria di Nozick, dall’altra. Abbiamo appena iniziato l’esplorazione di questa bizzarra vicenda.

Fonte: Il Sole 24 Ore