Roberto Francavilla e i demoni di Clarice Lispector

Roberto Francavilla e i demoni di Clarice Lispector

Innamorarsi della “propria scrittrice”, innamorarsene al punto da non riuscire a staccarsi. Questo è accaduto a Roberto Francavilla nel suo romanzo “Città senza demoni” (Feltrinelli, I Narratori; pp. 160; € 17). Professore ordinario di Letteratura portoghese e brasiliana all’Università di Genova, ha tradotto e studiato per anni Clarice Lispector, scrittrice potente che si è imposta fin dagli esordi con “Vicino al cuore selvaggio”. Nata nel 1920 in Ucraina, bambina ebrea fuggita dai pogrom scatenatesi durante la guerra civile avvenuta dopo la rivoluzione d’ottobre, Lispector è accolta con l’intera famiglia in Brasile. E’ il Paese che le donerà la lingua, la scrittura, la cittadinanza che la fa sentire apparentemente libera, lontano dall’Europa.

La Svizzera

Roberto Francavilla attraversa, immagina, diventa la stessa scrittrice, per rivivere i due anni (1946-1948) in cui Lispector vive a Berna con il marito diplomatico. Una città tranquilla, circondata da magnifiche montagne che l’autrice ammira senza lasciarsi sedurre dal paesaggio, come è, invece, accaduto ad altri artisti. Passeggia in luoghi, quartieri rimasti intatti, non hanno vissuto la violenza distruttiva della seconda guerra. Incontra un centro storico austero, popolato da gente calma, che si adegua a un ritmo di vita neutro, come la Confederazione Helvetica. Uomini, donne gentili incapaci di porsi domande, o almeno non quelle da cui la scrittrice vorrebbe risposte; frequentatori di salotti e colline che restano stupiti dalla bellezza fuori del comune di Clarice Lispector, dalla sua audacia, perfino dalla sua frequentazione di un caffè dalla fama equivoca: “Non adatto a una signora” le diranno. Varie figure di un mondo che ignora il suo desiderio di scrivere, scoprire, scavare; una totale assenza di empatia che la lascerà sola con il suo dolore quando scoprirà che il celebre pianista che suona Chopin è lo stesso che anni prima si esibiva per il terzo Reich.

Due anni bernesi

Il romanzo di Francavilla non è una biografia e non è nemmeno un gioco stilistico ma un intreccio di scritture, l’incontro fra due scrittori. Di quei due anni bernesi non si sa molto, Lispector vi arriva dopo il grande successo di critica e pubblico del suo primo romanzo e dopo che, contro ogni aspettativa, il secondo è stato stroncato dagli stessi che l’avevano osannata; con tenacia lei lavora a quello che verrà, poi, considerato il suo capolavoro “La città assediata” (Adelphi 2024; tradotto da Roberto Francavilla ed Elena Manzato; pp. 186; €18,00) che uscirà nel 1949. Il marito partecipa alle critiche negative che la moglie ha ricevuto, ne è dispiaciuto ma lei è già proiettata altrove. “La città senza demoni” forse non esiste, forse li ha solo nascosti per sembrare tale e ingannare la forestiera; i demoni sono solo assopiti, si risvegliano nel nuovo romanzo a cui, la protagonista del libro di Francavilla, sembra solo accennare. Sono anni tranquilli e faticosi allo stesso tempo, Clarice Lispector patisce le lunghe assenze del marito sia quelle per lavoro, sia quelle che mette in atto quando è a casa; sono particolari “lontananze” fatte di apprensione e accudimento nei confronti della moglie senza mai chiedersi se è realmente quello che lei vuole. E poi ci sono le varie lingue che fanno sentire Lispector ancora più sola; la scrittrice parla portoghese brasiliano, si muove in una città che si esprime in tedesco svizzero che lei non capisce, le conversazioni a cui partecipa si svolgono in un francese essenziale fatto di suoni, rumori mentre nella sua anima avverte l’eco dell’yiddish che non conoscerà mai. Lispector viene spesso accostata a Franz Kafka, Virginia Woolf ma forse è solo la necessità del nostro tempo di trovare paragoni; in lei c’è qualcosa che spezza ogni regola, classifica, trama. Come Lispector Francavilla non cerca una storia ma consegna immagini, oggetti, sguardi e gesti indimenticabili, come quello della domestica italiana in ginocchio non sapendo per chi pregare. Clarice è forte e fragile, melanconica e sfuggente, misteriosa e vera, così vera da metterci in soggezione. Non siamo più abituati. Roberto Francavilla ci consegna tanti tasselli di quel suo breve periodo bernese ma non cerca di rivelare la scrittrice, non spezza l’incantesimo che ci avvolge ogni volta che la leggiamo; semplicemente cammina al nostro, al suo fianco insegnandoci ad amarla sempre più. Come è scritto nella quarta di copertina “Chi fugge nella neve lascia sempre qualcosa dietro di sé, lei lo sapeva bene”.

Roberto Francavilla, “Città senza demoni”, Feltrinelli, pagg. 160, € 17

Fonte: Il Sole 24 Ore