Roma prova a tenere accesa la fiammella dell’alta moda. Ma con troppi riferimenti al passato
Piccoli segnali, grandi intenzioni. Il desiderio di tenere accesa una fiammella in attesa che torni fulgida. La sfilata collettiva “Roma Couture” organizzata a Roma da Spazio Margutta, creatura di Grazia Marino e Antonio Falanga (già organizzatori di eventi legati alla moda in città) sotto le volte della ex chiesa del Conservatorio della Divina Provvidenza, oggi parte dell’hotel cinque stelle Palazzo Ripetta, è stata una sorta di happening, di ritrovo nel senso etimologico del termine, per quelle energie che non vorrebbero che l’eredità di Altaroma, pur difficile da gestire, venisse gettata al vento.
Dopo anni di complicata gestione, ma di sostanziale attività, Altaroma aveva visto la sua ultima edizione chiudersi il 2 febbraio dello scorso anno. Pochi giorni prima, era stata stabilita la liquidazione della società, partecipata da istituzioni come il Comune di Roma, la Camera di Commercio di Roma e la Regione Lazio. Era seguito l’annuncio di un prossimo rilancio, sotto forma di Fondazione che sarebbe dovuta nascere a luglio, ma di cui non si ha ancora notizia.
Nel rilancio di una piattaforma di eventi dedicati alla moda romana si sta impegnando il volenteroso e ottimista primo assessore alla Moda (ma anche ai Grandi Eventi, Sport e Turismo) che la città abbia mai avuto, Alessandro Onorato. Che aprendo la serata di Palazzo Ripetta ha ribadito il suo impegno: «Vogliamo capire come riproporre la formula di Altaroma in una chiave diversa. Certo non possiamo prescindere dalla sua eredità, dai grandi nomi del suo passato (Onorato ha anche annunciato che si sta studiando un evento per ricordare Renato Balestra, scomparso nel novembre 2022, e che durante l’anno alcuni marchi apriranno a Roma le loro fondazioni, nda). Ma dobbiamo soprattutto trovare il modo di valorizzare le nuove generazioni, ripartendo dal peso delle scuole e della accademie, senza farci prendere dal vittimismo».
Torniamo un momento alla serata, che ha proposto circa 40 look di quattro nomi nati e cresciuti ad Altaroma, cioè Giada Curti, Giampaolo Zuccarello, Michele Miglionico e Nino Lettieri. Alcuni hanno a Roma i loro atelier, e il loro riferimento principale è il glorioso passato dell’alta sartoria romana e dei suoi maestri, Pino Lancetti, Fausto Sarli, Lorenzo Riva, mentore e maestro di Lettieri: Zuccarello, che ha l’atelier in via Calabria, a poca distanza da quello di Gattinoni in via Toscana, ha raccontato in modo suggestivo la sensazione di passeggiare di sera in quel quartiere (a due passi da via Veneto) e percepire gli echi della Dolce Vita. Ora, il punto è proprio questo: quanto può funzionare evocare ancora i Roaring 50s e 60s di Roma, Fellini e Mastroianni, Liz Taylor e Ava Gardner, Cleopatra e 8 e ½, come chiave per il futuro della città?
Le origini dell’organizzazione dell’alta moda a Roma risalgono al 1954, esattamente 70 anni fa, quando i nomi della moda della Capitale abbandonarono le sfilate organizzate a Firenze da Giambattista Giorgini a Palazzo Pitti per fondare il “Centro romano per l’alta moda italiana”, criticando la svolta troppo “modernista” (verso il pret-a-porter) di Firenze. Dalla sua nascita, nel 2002, Altaroma aveva progressivamente lasciato la strada dell’alta moda romana, su cui si estendeva sempre più potente l’ombra di Parigi, per intraprendere una interessante per quanto sfidante strada: proporsi come piattaforma di scouting di giovani talenti, il che dava carattere e una nuova identità alla manifestazione. In mancanza dell’attrattività di grandi e solidi nomi, certamente sarebbe servito più sostegno, creativo ed economico, in un contesto di proliferazione e di crescente competitività degli eventi dedicati alla moda.
Fonte: Il Sole 24 Ore