
Rotta su Tinos, dove il tempo si ferma tra vento e blu
Benedetto sia il meltemi. Il vento da nord, spauracchio dei non greci, è di casa a Tinos, l’isola regno di Eolo, dio del vento. «Il meltemi è una manna perché manda all’aria i pensieri e ti rende libero, aperto al fluire del tempo e alle persone», spiega Costas Tscolis, 92 anni, occhi frizzanti da ventenne e saggezza da secolo breve. L’artista, fra i più acclamati di tutta la Grecia, guarda oltre la terrazza del Museo a lui intitolato a Kambos, cuore antico di Tinos. Meriggio assolato, tira un bel vento ma che importa: qui, sotto il pergolato, le parole di Tsoclis sono un inno all’isola: «È una fonte continua di energia che mi spinge alla ricerca», e alla vita: «Tu sei partecipe della vita, e quindi, ora dopo ora, sei contemporaneo, indipendentemente dalla tua età». Che, detto da un 92enne, scompagina ogni buio. La sua zazzera bianca danza nel meltemi ma la sua arte, fra surrealismo e astrattismo, mostra quanto sia radicato nell’oggi: «L’arte greca del V secolo a.C., massima espressione di bellezza, è imitativa; l’arte contemporanea è creativa, propone opere che magari non tutti capiscono, ma che arricchiscono il mondo».
Il museo Costas Tsoclis
Come quelle di Tsoclis, come la sua interpretazione di San Giorgio e il drago all’esterno del Museo, così senza tempo. Proprio come si mostra l’isola di Tinos, terza per grandezza fra le Cicladi, dopo Naxos e Andros, in una simbiosi introvabile altrove fra antico e moderno, sacro e profano, alto e basso, aspro e accogliente. Secondo Aristotele, l’isola era “Ofioússa” per il gran numero di serpenti dai quali la liberò Poseidone grazie alle cicogne. Oggi l’isola, poco meno di 9mila abitanti, è la “Lourdes della Grecia” perché la Chora ospita la chiesa della Panagia Evangelistria, meta dei pellegrini ortodossi. Ogni giorno i fedeli scendono dai traghetti e arrivano, avanzando sulle ginocchia, fino al volto, coperto di gioielli, della Madonna, alla quale portano i loro támata, gli ex voto, anche qui in linea diretta con l’antico: támata da tágma, derivazione del verbo tasso, promettere. E la religiosità così marcata nella Chora è stata promessa mantenuta di salvezza per Tinos, come pure il fatto che la chiesa possiede molte terre che non vengono vendute: il flusso di gente si limita alla chiesa e il resto dell’isola è immacolato. Sembra già di sentirlo Patrick Leigh Fermor.
I lasciti della classicità e di Venezia
Lasciata la Chora, si incontra l’isola nell’isola, il tempo nel tempo, il mondo nel mondo, la Grecia nella Grecia, come se Tinos possedesse tutte le anime del blu. In questo paesaggio, fra sentieri acciottolati (sull’isola sono percorribili più di 100 chilometri, tutti ben segnalati) e terrazzamenti, creati in passato per rubare spazio alla miseria, c’è il mondo ortodosso e quello cattolico. C’è la presenza degli antichi (gli scavi a Xobourgo hanno riportato alla luce l’antica Tinos e il sito di Kionia non è solo il tempio di Poseidone e Anfitrite) e quella della Serenissima. Il leone di San Marco sventolò dal 1207 al 1715, lasciando l’antico castello, la protezione ai cattolici (sono oggi metà della popolazione e molti villaggi hanno la doppia chiesa) e le colombaie di ardesia e calcare – circa un migliaio – che dovevano proteggere i piccioni, importanti per la carne considerata una squisitezza e per gli escrementi, concime di alta qualità.
L’anima, anzi le anime di Tinos palpitano soprattutto nei villaggi dell’interno come identità antica: sono più di una cinquantina per un dedalo fra arte, fede, artigianato, buon cibo. Quasi da ubriacarsi: «Tutta questa bellezza – dice Maya Tsoclis, figlia di Costas e nota travel journalist greca – dipende dalle mani umane: è commovente pensare che ogni angolo del paesaggio è frutto del lavoro, spesso faticoso, dell’uomo che, per sopravvivere, ha imparato a scendere a patti con una natura aspra e selvaggia».
Pyrgos, Volax e gli altri villaggi
Niente meglio dei villaggi rappresenta questa cura: Pyrgos, la capitale del marmo e dell’area di Exo Meria da dove partirono anche i marmi per San Marco, brilla di un bianco che stordisce e delle opere di scultori entrati nella storia con Yannoulis Chalepas (1851-1938) su tutti, creatore, dalla dura roccia, di silenzi e armonia. Volax nasce fra rocce gigantesche e offre cesti in vimini di ogni forma, a Loutra il convento delle Orsoline, dove studiavano le ragazze in fiore dell’élite greca, e quello dei gesuiti sono pace e istruzione, ad Aetofolia, nella taverna Kounaria, Anna Exilze, 25 anni e due occhi di mare, serve ai tavoli ma soprattutto ha mani preziose nel plasmare, secondo le indicazioni di nonno Giannis, ceramiche belle ed essenziali. Lei è timida, ma è artista: fissatela negli occhi e vi mostrerà il suo atelier.
Fonte: Il Sole 24 Ore