Rottamazione cartelle, Salvini spinge ancora ma FdI frena: per la riapertura mancano risorse

Rottamazione cartelle, Salvini spinge ancora ma FdI frena: per la riapertura mancano risorse

«Pace Fiscale e rottamazione di tutte le cartelle esattoriali: 120 rate tutte uguali in dieci anni, senza sanzioni e interessi, per aiutare milioni di italiani onesti in difficoltà». Matteo Salvini, rientrato in Italia dopo l’evento dei Patrioti di ieri a Madrid, torna alla carica e ribadisce le proposte della Lega presentate con i responsabili economici alla Camera venerdì 7 febbraio.

Nelle prossime ore Salvini si confronterà con i suoi dirigenti con l’obiettivo di affinare il percorso del provvedimento che è coerente con il programma elettorale del centrodestra. «Con Giorgetti la vediamo alla stessa maniera», aveva giurato il vicepremier Matteo Salvini nella conferenza stampa convocata alla Camera proprio per presentare la proposta leghista di una nuova rottamazione super.

«Noi la stiamo chiedendo da più di un anno, però il ministro Giorgetti e anche il suo vice Leo hanno sempre frenato», aveva ricostruito invece a stretto giro Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia. «Nessuno di noi è mai stato contro le rottamazioni – aveva ribattuto da FdI Marco Osnato, presidente della commissione Finanze alla Camera – Leo ha anche riaperto al biennio 2020-2022 per la rottamazione quattro. Se il ministro Giancarlo Giorgetti è d’accordo, nessuno di noi si opporrà».

La maggioranza ha ingaggiato il secondo round nella gara di dichiarazioni avviata giovedì sulla rottamazione delle cartelle esattoriali, sull’onda del disegno di legge leghista che prospetta una rateizzazione in 120 rate (quindi in dieci anni) dello stesso importo con decadenza solo dopo aver saltato otto versamenti. In tanto parlare si distingue però il silenzio di Palazzo Chigi, del ministro Giancarlo Giorgetti e del suo vice Maurizio Leo all’Economia. Un silenzio che si spiega con una cifra: 5,2 miliardi.

I numeri ministeriali

Nelle stime dei tecnici di Via XX Settembre tale sarebbe la cifra da coprire quest’anno per finanziare la rinuncia alla riscossione ordinaria. Il costo nasce dal fatto che le rottamazioni cancellano sanzioni, interessi e aggio, tutte grandezze considerate nei saldi di finanza pubblica, e che l’adesione allunga in dieci anni i termini di pagamento di imposte che per le vie ordinarie andrebbero invece versate subito. Proprio questo secondo aspetto spiega il peso che si allunga sui conti pubblici degli anni successivi, dai 3 miliardi calcolati al dipartimento Finanze per il 2026 giù fino ai 250 milioni del 2028. Dall’anno successivo i «sì» alla rottamazione farebbero sentire i propri effetti positivi, con un gettito aggiuntivo che darebbe un saldo positivo dai 520 milioni del 2029 ai circa 2 miliardi del 2034-35. Ma a conti fatti l’effetto sarebbe in ogni caso negativo: perché alla fine del decennio lo Stato dovrebbe comunque rinunciare a 1,4 miliardi.

Fonte: Il Sole 24 Ore