Rubens a Palazzo Te, fenomenologia di una conversione
Con mirabile eleganza le tele di Pieter Paul Rubens, il “colto umanista universale” adornano l’autunno di Palazzo Te. Curata nel dettaglio la mostra firmata Raffaella Morselli conferma Mantova e i suoi rinnovati giardini in stile Tuileries – con tanto d’iconiche chaises vertes – tra i migliori circuiti d’arte europei.
Per Rubens, Mantova, rappresenta sempre un ritorno. Qui il fiammingo ha soggiornato, mesmerizzando la fantasia prima e la tavolozza poi, nella contemplazione dei Giulio Romano, dei Correggio e della collezione isabelliana: tutti tesori a lui disponibili a Palazzo Ducale e a Palazzo Te.Se la legacy di Giulio Romano rese formidabile il soggiorno di Rubens alla corte dei Gonzaga, oggi la rende rivelatrice. Lo fa grazie a un percorso espositivo filologico e vivace, dove è tangibile il fascino che le botteghe italiane ebbero sul genio educato ad Anversa.
Palazzo Te
Lo scopo della mostra è d’altronde netto. E certamente riuscito: mostrare e rendere limpide le corrispondenze tra le opere di Rubens e le istanze decorativo-iconografiche di Palazzo Te. Si tratta, senza mezzi termini, di una conversione. Quella del pittore delle Fiandre, puro fiammingo negli stilemi degli esordi che via via, venendo a contatto con l’Italia (la Serenissima prima, Mantova poi) assorbe quelli rinascimentali per diventare infine il Rubens compiuto del proto barocco e della maturità artistica.
Trasformazione e libertà
Una conversione che il sottotitolo alla mostra cesella con diligenza: trasformazione e libertà. La prima istanza è racchiusa nella propensione per il mito classico del quale si era abbondantemente nutrito proprio Giulio Romano e che Rubens rimarca e trasforma con tessiture nuove ed originalissime. La libertà è quella del genio permeabile da poli antipodi: da una parte gli eventi della storia romana (considerata da Rubens exemplum virtutis) e dall’altra il paesaggio del Mincio.Tutte suggestioni che si susseguono nelle stanze della Villa giuliesca, con sorprendente amalgama.
Dodici sezioni e oltre cinquanta opere in prestito dalle collezioni più prestigiose riassumono la ricca poetica rubensiana, a partire dalla Natura interpretata non come una realtà oggettiva, ma come il palcoscenico sentimentale dove il mito si storicizza tramite una sorta di maieutica delle forme.Mantova è stata dunque la palestra di Rubens, l’officina dove ha appreso a parlare alle più avanzate corti d’Europa con un linguaggio universale. Non l’epifania del grande artista, ma il turning point emblematico della sua parabola stilistica. Per questa ragione, e per una curatela e un catalogo di fattura scientifica, la mostra si candida ad essere una delle migliori iniziative di questo scorcio d’anno.Il progetto complessivo è d’altronde assai ambizioso, legando Mantova a Roma. “Rubens! La nascita di una pittura europea” è infatti il titolo sinottico di una trilogia di mostre che unisce Fondazione Palazzo Te, Palazzo Ducale (con la Pala della santissima trinità) e Galleria Borghese in un omaggio declinato tra momento lombardo e momento capitolino (dal 14 novembre 2023 al 18 febbraio 2024) con “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”.
Fonte: Il Sole 24 Ore