Rum, ecco perché le bottiglie più pregiate possono essere un investimento

Il caso Caroni, un rum di Trinidad da distilleria chiusa da tempo, è emblematico: uscito sul mercato a prezzi irrisori oggi è disputati a colpi di migliaia di euro nelle aste. Ma sebbene sia il più eclatante, non è un caso isolato. Percorsi simili stanno avendo ad esempio gli Appleton Hearts Collection del Gruppo Campari, i Silver Seal del selezionatore italiano Max Righi e la prima release Magnum, con le foto di Elliott Erwitt, rapidamente sparita dalla circolazione.

«La bottiglia e l’etichetta aiutano sicuramente a percepire il valore del rum contenuto – aggiunge Gargano -. Noi con la scelta della bottiglia black credo abbiamo creato uno stile ma è stata importante anche la scelta di dare molte informazioni sempre in etichetta al consumatore, dettagli che affascinano l’acquirente e trasmettono l’heritage del prodotto».

La crescente cultura sul rum di qualità è alla base del suo successo commerciale insomma. Ne è convinto anche Marco Graziano che nel 2012 ha aperto il suo blog “Le vie del rum” e che oggi è consulente indipendente per diverse aziende nonché tour leader in viaggi alla scoperta di distillerie e piantagioni di canna da zucchero ai Caraibi.
«Premetto che c’è ancora moltissimo lavoro da fare – ci spiega – però è vero che la conoscenza sul rum è cresciuta molto in questi ultimi anni. Chi si avvicina al rum scopre le differenze che ci sono tra isola e isola, tra una varietà e l’altra di canna, tra i diversi luoghi di produzione. Tutto questo arricchisce e approfondisce il concetto che sempre più persone hanno del rum. Gargano ha fatto un lavoro straordinario in questo senso, simile a quello che aveva fatto a suo tempo Silvano Samaroli con il whisky ma, a differenza di quest’ultimo, il rum è sempre stato considerato anche un prodotto da miscelazione quindi in un certo senso la sua nobiltà, il suo prestigio, è stato a lungo offuscato dai volumi, immensi, che le tipologie di rum da miscelazione hanno e continueranno ad avere».

In pratica mentre il whisky nasce nobile, e infatti è da decenni che lo si considera anche una sorta di bene rifugio, il rum in questi termini è una novità. Sulla quale stanno mettendo gli occhi in molti.
«Certamente il rum, ma preferisco dire certi rum, hanno acquisito un’autorevolezza sul mercato quasi impensabile una decina di anni fa – conclude Gargano – . Così come, una decina di anni fa, era impensabile una cosa come Rum Auctioneer. Però attenzione, si deve distinguere tra investimento e speculazione. Nel secondo caso ritengo difficile che le grandi bottiglie possano continuare a spuntare le cifre raggiunte un paio d’anni fa ma, d’altro canto, i prodotti che hanno un vero valore qualitativo avranno sempre, in Europa, negli Stati Uniti o in Estremo Oriente, i loro acquirenti. Chi desidera investire deve avere la capacità di distinguere il vero valore, costruito nel tempo e poggiato su basi salde dai prodotti spinti dalla moda del momento o dalla speranza del ritorno immediato».

Insomma, il mercato del rum può dare delle interessanti risposte, anche sul piano finanziario, a patto però di non farsi prendere dall’eccitazione del momento e di avere i nervi saldi. Soprattutto di conoscerne caratteristiche, storia e valore intrinseco. Ne vale la pena? Forse sì, anche perché in fin dei conti, elemento sottaciuto finora, un buon rum è pur sempre un piacere per il palato.

Fonte: Il Sole 24 Ore