Salini: il Ponte sullo Stretto leva per competitività e innovazione
Il Ponte sullo Stretto di Messina s’ha da fare: ne va della competitività, dell’innovazione, dell’immagine e della credibilità dell’Italia. In attesa del verdetto del Cipess sul progetto definitivo, l’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini, rivendica con orgoglio la guida del consorzio Eurolink, a cui la società Stretto di Messina ha commissionato il Ponte tra Calabria e Sicilia che il Governo ha rilanciato. «Rappresenta non solo un’opera ingegneristica di straordinaria importanza, ma anche il coraggio di un progetto che definisce il futuro, unendo le generazioni sotto il segno del fare, per realizzare un’Italia più coesa», spiega al Sole 24 Ore, riepilogando i quattro punti che rendono il Ponte non solo il più lungo ponte sospeso al mondo ma un game changer dell’economia italiana.
«In assenza di solidi investimenti per la ricerca di base e non potendo contare su terre rare e materie prime critiche – osserva Salini – in Italia le infrastrutture sono vitali per la competitività e rappresentano una necessità quotidiana per imprese, servizi pubblici, trasporti d’urgenza, forze dell’ordine, studenti. Ma è difficile essere competitivi se circa 5 milioni di cittadini siciliani, quasi il 10% della popolazione, restano sconnessi dal resto del Paese».
C’è poi un tema di modernizzazione. «Ricordate le critiche all’Alta velocità? Eppure sta facendo con il trasporto su ferro ciò che ha fatto l’Autostrada del Sole con le auto: unifica. Il Ponte va visto come una tessera da 13-14 miliardi di un mosaico di investimenti molto più ampio che sta rivoluzionando il trasporto italiano». Si va dai 50 miliardi in un decennio previsti dal piano industriale di Ferrovie dello Stato per migliorare la rete gestita da Rfi, con altri 60 per la sua trasformazione, ai 40 miliardi di Anas per strade e autostrade.
Terzo punto, «la vetrina»: «Con il Ponte dimostriamo che sulla tecnologia dei trasporti siamo un’eccellenza planetaria. I veneziani realizzarono i loro magnifici palazzi anche perché dovevano vendere le loro merci, stoffe e spezie, ai compratori. È essenziale mostrare al mondo che siamo capaci di inventare, ingegnerizzare, creare manufatti unici come il Ponte secondo principi di legalità, lavorando con la massima sicurezza per i lavoratori. Il Ponte creerà lavoro non solo per noi ma anche per migliaia di giovani, donne, uomini e centinaia di imprese della filiera. Un vero boom in quell’area».
Il quarto e ultimo elemento è una risposta ai «benaltristi, instillatori di paure, fautori dell’arretratezza, portatori di pregiudizi nei confronti dell’impresa italiana considerata sussidiata e incapace». «Webuild – afferma Salini – è uno dei principali player internazionali, presente in 50 Paesi con oltre 92mila persone, di cui 4mila ingegneri. In quasi 120 anni di ingegneria applicata a oltre 3.200 progetti, vanta la costruzione di 14.140 chilometri di ferrovie e metro, 82.533 chilometri di strade e autostrade, 1.020 chilometri di ponti e viadotti». Un colosso che in Italia conta 19mila persone e lavora con oltre 10mila aziende della filiera e che ha già al suo attivo quattro ponti sospesi lunghi oltre un chilometro. «Abbiamo tutta l’esperienza necessaria per costruire il Ponte», è il messaggio di Salini. Che ne affianca un altro, collegato al botta e risposta con Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).
Fonte: Il Sole 24 Ore