Salone del Mobile verso la chiusura, record di presenze estere

Salone del Mobile verso la chiusura, record di presenze estere

Le voci degli espositori

«C’è stato un miglioramento nel flusso dei visitatori, molto positivo per dedicarsi ai clienti e a creare nuovi contatti – dice Giorgio Gobbi, managing director del gruppo Dexelance che, con 12 aziende in portafoglio, era presente con nove stand in fiera -. Abbiamo avuto un impressione molto buona, sia come numero di visitatori, in crescita, sia come qualità, in particolare a Euroluce, favorita dal nuovo format e forse anche dal ridimensionamento delle fiere tedesche del settore».

«Abbiamo venduto più del solito e trovo che quest’anno il Salone avesse una migliore struttura a livello di organizzazione. Dovremmo chiudere con circa 30mila accessi al nostro stand, di cui un terzo di sostanza, che ha generato nuovo business», conferma Daniele Lago, presidente e head of design dell’azienda veneta Lago. Che tocca anche un altro punto importante: «Abbiamo fatto buoni numeri anche nel nostro nuovo showroom di via Durini, ma il Salone è un’altra cosa e dobbiamo tenercelo stretto.

Il futuro del Salone

Un tema attualissimo, in una fase che ha visto perdere smalto alcune importanti manifestazioni internazionali del settore, tra cui Imm Cologne, che ha addirittura annullato l’edizione 2025, e che si lega a quello delle progressive “defezioni” dal Salone di alcuni marchi storici dell’arredo italiani, che hanno preferito presentare le nuove collezioni nei propri showroom in centro città. Un tema delicato, che dovrà essere affrontato se si vuole mantenere la forza internazionale di un “sistema design” che in Italia può contare su una filiera (quella del legno-arredo) che nel 2024 ha generato 51,7 miliardi di euro di fatturato e che nel Salone ha una vetrina internazionale a oggi senza eguali.

Una vetrina tanto più importante nei momenti di difficile congiuntura economia, fa notare Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo: «La concomitanza della nostra manifestazione all’indomani dell’annuncio dei dazi di Trump, ha permesso alle nostre aziende di affrontare da subito questo tema, incontrando i propri clienti americani o cercando nuove geografie, anche periferiche, a cui il Salone permette di accedere».

Soddisfatti per l’afflusso, e per la risposta interessata dei clienti, anche nello stand di Frigerio, nonostante qualche scetticismo iniziale, spiega Riccardo Frigerio, responsabile ricerca e sviluppo e terza generazione alla guida dell’azienda di famiglia. «Noi crediamo fortemente nel Salone, ma l’assenza di alcune aziende importanti è un tema. Il salone e il Fuorisalone vivono in osmosi e dobbiamo stare attenti a non perdere questa forza, questa unione del nostro settore, anche se certamente per noi imprese si tratta di uno sforzo importante e non solo in termini di costi, ma anche di energie».

Fonte: Il Sole 24 Ore