
Salva casa, le sanatorie possono bloccare le demolizioni dei Comuni
Il Salva casa può bloccare la demolizione di manufatti prima irregolari e poi diventati, nel frattempo, sanabili. Si tratta di uno degli effetti del decreto n. 69/2024, fotografato per la prima volta da una sentenza di un tribunale amministrativo, il Tar di Salerno (n. 406 del 27 febbraio 2025), che analizza l’impatto del nuovo accertamento di conformità sulle procedure già avviate. I Comuni, insomma, possono essere obbligati a tornare sui loro passi, se i proprietari rientrano nel perimetro delle nuove sanatorie.
La vicenda
Il caso riguarda una serie di difformità rispetto al titolo originario, tra cui la realizzazione di una tettoia in legno con coperture di laterizi, per le quali era stato anche approvato un ordine di demolizione da parte del Comune. Ora il proprietario chiede, però, di accedere ai benefici del Salva casa: in particolare, al nuovo accertamento di conformità (l’articolo 36 bis), che consente, tra le altre cose, di regolarizzare le parziali difformità con una doppia conformità semplificata e più leggera rispetto al passato. Si guarda alle norme edilizie del tempo di realizzazione dell’abuso e a quelle urbanistiche del tempo di presentazione della domanda.
Il Comune nega l’accesso alle nuove sanatorie, sulla base delle risposte già date in precedenza, ma la proprietaria impugna questa decisione. Adesso il Tar Salerno gli dà ragione. «La precedente adozione delle ordinanze demolitorie – spiega la sentenza – e il diniego della precedente domanda di sanatoria si rivelano ininfluenti ai fini dell’esame dell’istanza presentata di recente dalla ricorrente» in base al Salva casa e, dunque, «sulla base di un regime normativo e di presupposti differenti».
Secondo il giudice la norma sopravvenuta, contenuta nel decreto 69/2024, fa premio – dice ancora la sentenza -, «in omaggio al sotteso favor per la regolarizzazione degli illeciti edilizi, su tutti i procedimenti sanzionatori non ancora irreversibilmente conclusisi col ripristino dello stato dei luoghi». Quindi, se gli abusi non sono stati ancora materialmente rimossi dall’amministrazione, è possibile richiedere l’accesso alla nuova disciplina più favorevole.
Per tutti questi motivi – conclude la decisione -, «non paiono condivisibili le argomentazioni svolte dal procedente ufficio, ancorate al precedente quadro di riferimento, trattandosi di una chiara ipotesi di ius superveniens, con introduzione di nuovi criteri, parametri e condizioni per la sanabilità e la conservazione delle opere abusive». La situazione dovrà, cioè, essere riesaminata da capo, alla luce delle nuove regole.
Fonte: Il Sole 24 Ore