Salvini di lotta e di governo: la strategia per tentare di restare alla guida della Lega anche dopo le europee

Salvini di lotta e di governo: la strategia per tentare di restare alla guida della Lega anche dopo le europee

«C’è chi ripropone l’inciucio con le sinistre, che ha portato l’Europa ai problemi di oggi, e chi pensa ad un futuro di benessere fondato su lavoro, sicurezza e libertà, guidato dal centrodestra unito anche a Bruxelles. #FreeEurope». Come se non fosse bastato il raduno fiorentino delle estreme destre sovraniste europee del 3 dicembre, il leader della Lega (nonché vicepremier e ministro delle Infrastrutture) Matteo Salvini rincara la dose attaccando la presidente popolare del Parlamento europeo Roberta Metsola, che proprio in queste ore rilancia dal Sud Italia – dove è in visita – la prospettiva di una «maggioranza europeista» in vista del voto europeo del giugno prossimo. Ossia il proseguio dell’alleanza tra Ppi, Pse e Liberali ora alla guida della Ue.

L’attacco a Metsola per colpire Meloni

Non è un caso che Salvini insista sul punto alla vigilia dell’incontro di Metsola a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, previsto il 6 dicembre. «La Lega con i suoi alleati vuole un’Europa diversa: meno tasse e obblighi e più sicurezza, tutela dei confini, della salute e del lavoro dei cittadini europei. Cambiare l’Europa si può, anzi si deve», rilancia con un videomessaggio postato ai margini dei lavori del Consiglio Ue dei trasporti. Di lotta e di governo, insomma, con la chiara strategia di coprire a destra il terreno del sovranismo antieuropeo e delle posizioni più intransigenti nei confronti degli immigrati, lasciato per forza di cose scoperto da Fratelli d’Italia ora che la sua leader Meloni è saldamente alla guida del Paese e in continua trattativa con Bruxelles su tutti i fronti.

L’imbarazzo della premier

A ben vedere lo slogan “mai inciuci con la sinistra” è esattamente rivolto contro Meloni, che sa bene che il progetto di trasportare l’esperienza del centrodestra italiano in Europa con un’alleanza tra Popolari (dove siede Fi), Conservatori (dove siede Fdi) e destra di Id (dove siede la Lega) non ha né i numeri né la proponibilità politica: probabile che si arriverà a una riproposizione dell’attuale alleanza popolari-socialisti-liberali a guida Ursula von del Leyen con l’aggiunta proprio di Meloni, premier di un Paese fondatore che porterebbe una cospicua dote di voti ed è considerata ormai integrata dai partner dei maggiori Paesi Ue.

L’alzata di scudi di Fi e la preoccupazione di Fdi

«La posizione di Fi è parte integrante e fondante del Ppe, noi siamo europeisti, atlantisti e quindi non condividiamo assolutamente un nostro futuro con chi non vuole l’Europa, con chi non vuole la moneta unica, con chi sostiene tesi e posizioni che sono antieuropeiste, come le valutazioni espresse a Firenze dai rappresentanti dei partiti anti-Europa», dice il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli ripetendo le argomentazioni tante volte snocciolate dal leader di Fi (nonché vicepremier e ministro degli Esteri) Antonio Tajani. Ma è proprio il partito della premier ad essere più in imbarazzo di fronte a certe affermazioni e di fronte alla sfilata dei “reietti” d’Europa andata in scena a Firenze.

A Firenze sfilata delle destre… all’opposizione

Sfilata alla quale, non a caso, non hanno partecipato gli invitati più illustri: da una parte l’olandese Geert Wilders (che dopo aver vinto le elezioni politiche ha non a caso subito moderato le sue posizioni xenofobe e antieuropee) con la scusa di essere impegnato nelle trattative per la formazione del governo; e la leader del Rassemblement national Marine Le Pen, impegnata ormai da tempo in un’operazione di “de-demonizzazione”, perché impegnata nella preparazione della campagna per le presidenziali francesi del 2027 (sic). Insomma, accanto a Salvini sono rimasti personaggi quasi folcroristici che non a caso sono tutti all’opposizione nei loro Paesi. Dal leader bulgaro Kostadin Kostadinov («oggi l’Ue è una minaccia per l’Europa», sentenzia minacciando «una serie di referendum per uscire dall’Ue») al tedesco Tino Chrupalla, presidente di Afd («l’Ucraina non può vincere questa guerra») fino al polacco Roman Fritz (che rilancia le parole chiave “Dio, onore, patria, famiglia, verità, giustizia e libertà” e la guerra al politically correct).

Fonte: Il Sole 24 Ore