Sanità, in Italia 24 milioni di malati cronici: il 60% ricorre a visite private, il 30% rinuncia alle cure
Oltre un terzo dell’Italia con il diritto alla salute “sospeso”: sono i 24 milioni di pazienti cronici, destinati a diventare 25 milioni già nel 2028, che tra tempi biblici di riconoscimento della malattia, liste d’attesa, disuguaglianze territoriali, terapie pagate di tasca propria e un 30% di rinuncia alle cure, vivono quotidianamente una personale odissea. Mentre i provvedimenti-bandiera approvati negli anni in loro favore restano lettera morta. Il quadro tracciato dal XXII Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva, non a caso intitolato “Diritti sospesi”, non fa sconti: i malati cronici – e i rari a cui anche guarda l’indagine condotta tra 102 presidenti di associazioni pazienti e 3.500 tra malati e caregiver – pur rappresentando una marea umana destinata a montare negli anni con l’invecchiamento della popolazione, restano ancora fuori dai riflettori. “Il nostro rapporto denuncia la necessità di politiche pubbliche efficaci e l’urgenza di un rinnovato patto tra le istituzioni, soprattutto nel rapporto fra Stato e Regioni, per accelerare i tempi di esigibilità dei diritti e dare loro attuazione in modo equo a tutti i pazienti del Paese”, dichiara allora la segretaria generale di Cittadinanzattiva Anna Lisa Mandorino. Basta guardare al Piano nazionale cronicità (Pnc), il documento di programmazione più ‘prossimo’: la versione 2016 di fatto non è mai stata attuata per il peccato originale dell’assenza di risorse dedicate così come di meccanismi di monitoraggio. Quel che è peggio è che il nuovo Pnc, fermo da mesi nel rimpallo tra ministero della Salute e Regioni, pur avendo inserito tre nuove patologie – obesità, endometriosi ed epilessia – replica la stessa drammatica assenza di fondi e di criteri di valutazione.
I numeri dell’emergenza
Intanto, i numeri descrivono l’emergenza: è malato cronico il 40,5% della popolazione italiana mentre le persone con almeno due malattie sono 12,2 milioni. Gli ultra 75enni con una cronicità sono l’85% e il 64,3% ne ha due o più. I malati rari: secondo l’Istituto superiore di sanità ogni anno sono circa 19mila i nuovi casi segnalati e il 20% delle patologie riguarda bambini sotto i 14 anni.
Su tutte queste persone pesa innanzitutto il tempo infinito trascorso prima di una diagnosi, superiore a dieci anni nel 27,6% dei casi e tra due e dieci anni nel 22,9%. Ritardi che non solo rinviano le terapie ma anche gli sgravi economici concessi dall’esenzione dal ticket. Solo per il 18,1% la diagnosi è arrivata in meno di sei mesi. I ‘perché’ del ritardo? Gli interpellati dall’indagine di Cittadinanzattiva lo attribuiscono per l’80,2% alla scarsa conoscenza della malattia da parte di medici e pediatri di famiglia – che pure continuano a essere il punto di riferimento per quasi otto persone su dieci – per il 68,9% alla sottovalutazione dei sintomi, per il 46,2% allo scarso ascolto del paziente, per il 42,5% alla mancanza di personale specializzato sul territorio e per il 23,6% alle liste d’attesa.
Liste che diventano un nodo critico quando comincia il percorso di cura: i maggiori intoppi si incontrano già nelle prime visite specialistiche (64,6%), poi nelle visite di controllo (56,1%) e negli esami diagnostici (53%). Critico il riconoscimento dell’invalidità civile che cumula il 60% delle segnalazioni mentre la certificazione dell’handicap arriva a sfiorare il 40 per cento. Grande assente è anche l’appropriatezza della presa in carico del malato, con il 70% di segnalazioni sul mancato coordinamento tra cure primarie e specialistica, il 48% sulla carente continuità assistenziale, il 44,3% di nuovo sulle liste d’attesa, il 43,4% sulla problematica integrazione tra aspetti clinici e socioassistenziali.
I costi e la rinuncia alle cure
Il 59,8% dei cittadini ricorre a visite in regime privato o intramurario; il 52,8% acquista farmaci necessari e non rimborsati dal Ssn; il 50% effettua esami diagnostici in privato o in intramoenia; il 47,5% acquista parafarmaci come integratori alimentari, dermocosmetici, pomate. Il 42,4% spende privatamente per la prevenzione terziaria (diete, attività fisica, dispositivi); il 36,3% per la prevenzione primaria e secondaria; il 22% per il supporto psicologico; il 16,9% per spostamenti dovuti a motivi di cura; il 14,7% per le visite specialistiche o attività riabilitative da effettuare a domicilio e il 12% per l’acquisto di protesi e ausili non riconosciuti (o insufficienti nella quantità/qualità erogata). “Oltre il 30% dei pazienti – avvisano da Cittadinanzattiva – ci informa di aver dovuto rinunciare alle cure. Nel 19% dei casi è capitato in modo sporadico ma per oltre il 12% è capitato spesso”.
Fonte: Il Sole 24 Ore