Schenk porta in Italia la sua produzione di vini dealcolati

Schenk porta in Italia la sua produzione di vini dealcolati

A neanche un mese dal varo del decreto sui vini dealcolati (il ministro Lollobrigida l’ha firmato lo scorso 20 dicembre) già si registrano i primi effetti concreti. Uno dei principali player del settore, tra i primi a scommettere su questa tipologia di produzione, ovvero l’azienda di Ora (Trento) Schenk, con un fatturato 2023 di 141 milioni di euro, ha annunciato di voler riportare in Italia la produzione di questa categoria di prodotti che fino a poche settimane fa era costretta a realizzare in Spagna.

«Adesso che anche in Italia, con la firma da parte del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, del decreto per i vini dealcolati, sarà possibile produrre i vini dealcolati – ha commentato l’ad di Schenk, Daniele Simoni – per Schenk Family Italia si apriranno scenari molto interessanti sia sotto il profilo delle economie di scala, che ci permetteranno di investire di più sui mercati per far conoscere questi prodotti, sia per quanto riguarda la flessibilità, la velocità e la sostenibilità di produzione».

Per Schenk Italia, che fino ad oggi ha prodotto tra le 50 e le 80mila bottiglie di vini e bevande dealcolate in Spagna, commercializzate per il 25% in Italia, questa novità rappresenta, infatti, l’opportunità di spostare la produzione nella nostra Penisola e accrescere la propria competitività in questa nicchia di mercato.

«Per far crescere realmente il settore in Italia – ha aggiunto Simoni – occorrerà convincere anche chi tradizionalmente non consuma vino a scegliere un’alternativa più naturale, come il vino dealcolato, rispetto a bevande più economiche e meno naturali. Sebbene la tecnologia consenta oggi di ottenere vini dealcolati di qualità sempre migliore, la differenza di gusto rispetto ai vini alcolici rimane significativa».

Lo scenario secondo l’amministratore delegato dell’azienda trentina è molto promettente. «Alcuni mercati – ha proseguito Simoni – come quelli della Danimarca, del Belgio, della Germania, della Francia e dei Paesi Bassi, dimostrano una crescente attenzione verso i prodotti a zero alcol, o a bassa gradazione alcolica, con un forte interesse a produrli localmente per essere più competitivi. Per l’Italia, tuttavia, la necessità di esportare il vino per la dealcolizzazione e poi reimportarlo fino ad ora comportava costi e complessità che hanno penalizzato il settore. Attualmente, il volume dei vini dealcolizzati rappresenta una quota minima del mercato del vino, pari al 2-3% della produzione totale, fatta eccezione per pochi marchi, e quindi rimane un prodotto di nicchia. La sfida principale consiste nel capire se sarà possibile attrarre quei consumatori che, pur non bevendo abitualmente vino, magari per motivi sociali o per situazioni particolari (ad esempio, guidatori designati o donne in gravidanza), desiderano comunque condividere l’esperienza».

Fonte: Il Sole 24 Ore