Sciuto (Polimi): «Più donne ingegnere e relazioni strette con le imprese»

Sciuto (Polimi): «Più donne ingegnere e relazioni strette con le imprese»

Milano è la città delle grandi opportunità per chi arriva da fuori e per chi vuole e le sa cogliere. Viverci è sempre più difficile, soprattutto da studente. Nella piazza Leonardo da Vinci, lo scorso anno, di fronte alla sede più antica del Politecnico di Milano è iniziata la protesta delle tende, contro il caroaffitti e per il diritto allo studio. Di quella protesta non c’è più nessun segno nella piazza spazzata dal vento freddo di fine gennaio. Ma il problema resta. Ed è uno di quelli che sta più a cuore a Donatella Sciuto, la prima rettrice nella storia dell’ateneo. Siamo in anticipo e la breve anticamera dà modo di curiosare tra divani, sedute e oggetti di design (del resto se non qui, dove?). Con la puntualità e la precisione dell’ingegnere che è, viene a prenderci la rettrice. Il suo ufficio ha l’essenzialità e il minimalismo che trasmette la persona.

Prima rettrice nella storia del Politecnico di Milano. Cosa vuol dire?

Non so se ci sia una differenza tra la leadership maschile e quella femminile, ma so che ho un modo mio di vedere le cose come ho spiegato nel programma con cui ho fatto la mia campagna per essere eletta. Rivendico la libertà delle mie scelte, compresa quella accademica, da prorettrice prima e da rettrice poi, che mi ha dato modo di comprendere altri aspetti del funzionamento e della gestione dell’ateneo, che vanno oltre l’esperienza in aula o in laboratorio.

Per esempio?

Per esempio, rivendico la scelta di un modello di leadership condiviso. Ho introdotto le figure dei Vice Rettori, che non esistono da statuto, ma che ritengo perni importanti in un sistema di gestione sempre più complesso. La squadra si allarga poi ai delegati. Un cambio di passo che riflette la complessità dei tempi che stiamo vivendo.

A un terzo dall’inizio del suo mandato (Sciuto è entrata in carica nel 2023 e terminerà nel 2028, ndr) è soddisfatta?

Direi di sì. Monitoriamo i risultati e questi ci rassicurano, nonostante le turbolenze, da quelle geopolitiche, l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti sposterà molti equilibri, a quelle governative. Lo scorso anno sono state tagliate le risorse in modo rilevante e questo ci penalizza soprattutto rispetto agli atenei stranieri. Il nostro è uno dei grandi politecnici d’Europa. Competiamo con università come l’Eth di Zurigo, il Tu di Delft nei Paesi Bassi, l’Rwth di Aachen in Germania e la Chalmers University in Svezia, membri dell’alleanza Idea League, che ricevono molte più risorse di noi. Abbiamo perso circa 4,5 milioni di euro nel Fondo ordinario di finanziamento, nell’anno in cui abbiamo gestito gli aumenti di stipendio dei dipendenti del 5% e gli aumenti generalizzati dei servizi e di tutti i lavori, soprattutto nell’edilizia, che vanno avanti dal post Covid. Pur non essendoci chissà quali stipendi, tra i nostri docenti e il nostro personale tecnico e impiegatizio vedo però un commitment davvero unico che solo chi vuole lavorare nelle istituzioni pubbliche può avere.

Qual è il progetto che le sta più a cuore?

Il diritto allo studio. Al Politecnico abbiamo circa 49mila studenti. Il mio compito è garantire a tutti le stesse opportunità, per primi a quelli che, meritevoli, non hanno le risorse materiali per compiere il corso di studi. Lo scorso anno abbiamo speso per il diritto allo studio 40 milioni di euro, di cui 30 sono arrivati dalla Regione Lombardia e dallo Stato e 10 sono stati sborsati di tasca nostra. Abbiamo pagato circa 7mila borse di studio, sia a studenti italiani che stranieri.

Fonte: Il Sole 24 Ore