Se il contratto di locazione è nullo i canoni vanno restituiti
Se il contratto di locazione di un’unità immobiliare abitativa è nullo per difetto di forma scritta e per mancata registrazione del contratto stesso, il conduttore ha diritto alla restituzione dei canoni versati al locatore, ma il locatore ha la facoltà di eccepire l’ingiustificato arricchimento del conduttore.
Il credito del locatore per questo ingiustificato arricchimento del conduttore deve essere però liquidato nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dal locatore a causa dell’erogazione della sua prestazione e non in misura coincidente con il mancato guadagno che il locatore avrebbe potuto trarre dall’instaurazione di una valida relazione contrattuale.
È questa la decisione adottata dalla Cassazione con l’ordinanza 32696/2024 del 16 dicembre, con la quale è stata parzialmente annullata la sentenza 2102/2024 della Corte d’appello di Roma: il giudice di secondo grado aveva negato la restituzione integrale dei canoni versati, come richiesto dal conduttore, in quanto questa restituzione avrebbe provocato, in capo al conduttore stesso un ingiustificato arricchimento.
Restituzione dei canoni
La Cassazione argomenta la sua decisione osservando che, tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto nel caso in cui ricorra una qualsiasi altra causa che faccia venir meno un vincolo contrattuale, l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione del contratto stesso è la cosiddetta ripetizione di indebito oggettivo.
Questo ragionamento – secondo la Cassazione – vale anche quando la controprestazione (come il pagamento del canone di locazione) non sia ripetibile. Infatti, la locazione rientra nel novero dei contratti a esecuzione continuata, ambito nel quale l’esigenza di rispetto dell’equilibrio tra le prestazioni è prevista dalla legge solo per l’ipotesi di risoluzione per inadempimento, in quanto l’articolo 1458 del Codice civile espressamente sottrae questi contratti all’effetto retroattivo derivante dalla risoluzione, con una norma che, proprio per la sua eccezionalità, non è però suscettibile di essere estesa all’ipotesi della nullità del contratto.
Fonte: Il Sole 24 Ore