Se la violenza irrompe nelle democrazie europee

Crisi economico-finanziaria del 2008-12, rigore indiscriminato, globalizzazione sgovernata tanto quanto le ondate migratorie rovesciatesi su società impreparate ad accoglierle, partiti politici distratti e sempre più lontani dai problemi reali dei loro elettori, divari crescenti tra ricchi e poveri, scomparsa della classe media, calo demografico e incertezze nel futuro hanno a poco a poco eliminato pesi e contrappesi che garantivano l’ordinato vivere delle democrazie.

L’assalto dei populismi di destra e di sinistra che ha messo in croce i partiti tradizionali, il consenso sempre più ondivago ed estremizzato, l’antisemitismo che rialza la testa, l’ingresso sulla scena dei social media trasformati in improbabili ma destabilizzanti protagonisti di un’agorà immaginaria ma capace di forti turbative del consenso, hanno fatto il resto. Ormai dovunque, anche negli ex-paradisi scandinavi, anche nella Germania che si credeva definitivamente vaccinata da folli fanatismi, l’Europa è colpita dal virus degli opposti estremismi, delle cieche polarizzazioni che criminalizzano il dissenso o leopinioni diverse. In un clima di radicalizzazione di idee e comportamenti sempre più spinti, di disinformazione a tappeto (pronte nuove sanzioni alla Russia sul tema) perfino la libertà di espressione esonda in licenza incontrollata per vomitare violenza, verbale, fisica o armata che sia.

Il tentato omicidio di Fico è la punta di un iceberg che vede dilagare in questa campagna elettorale europea pestaggi e attacchi personali a politici e militanti di ogni colore in Germania, Francia e altrove.

La deriva potrebbe complicare non poco la governance dell’Europa nel prossimo quinquennio chiamato a fare scelte epocali, a partire dal solido finanziamento del recupero di crescita, competitività e innovazione tecnologica di punta, transizione energetica e verde. E difesa comune. Tanto più che l’avanzata russa in Ucraina rischia di fare della guerra, e del suo possibile sconfinamento nei Paesi di confine membri o no di Ue e Nato, il fulcro di cruciali decisioni per la sua futura sopravvivenza e indipendenza.

Un eccesso di introversioni nazionalistiche, che promettono di allargarsi a macchia d’olio dopo che anche in Olanda l’estrema destra di Geert Wilders è riuscita ad allearsi con i liberali di Rutte, i popolari del NSC e il partito degli agricoltori, potrebbero finire per bloccare il cambiamento radicale di cui oggi l’Europa, nella morsa Russia-Cina, ha vitale bisogno. Tanto più se, in ossequio ai nuovi tempi che lambiscono anche la sua democrazia, l’America dovesse decidere di rieleggere Donald Trump e il suo protezionismo isolazionista.

Fonte: Il Sole 24 Ore