Senegal, presidente Faye scioglie il Parlamento e convoca elezioni

Senegal, presidente Faye scioglie il Parlamento e convoca elezioni

Il presidente del Senegal, Diomaye Faye, ha sciolto nelle notte fra il 12 e il 13 settembre il Parlamento senegalese e convocato elezioni legislative per il 17 novembre. L’obiettivo, ha dichiarato lo stesso Faye in un discorso televisivo, è di garantirsi una soglia di maggioranza adatta alle riforme «sistemiche» promesse con la sua vittoria alle presidenziali del marzo 2024 e rimaste incagliate nel passaggio dall’aula parlamentare.

Faye, 44 anni, è stato eletto con oltre il 54% sull’onda di un’agenda di riforme radicali che include la revisione dei contratti energetici con i colossi stranieri e delle licenze di pesca sulle sue coste, il contrasto alla corruzione e – in origine – il divorzio dall’area valutaria del Franco cfa. Nei suoi primi mesi è riuscito a strappare pochi progressi, imputando i ritardi all’ostruzionismo dell’opposizione parlamentare.

Ora l’attesa è che il voto di metà novembre ribalti i numeri e gli affidi un margine maggiore di intervento, a cominciare dal via libera a una legge finanziaria che andrà presentata entro novembre. L’opposizione lo accusa di un colpo di mano e teme un’involuzione autocratica, lo stessa paura aleggiata – e rientrata – con il tentato golpe dell’ex presidente Macky Sall prima delle urne di marzo.

Il tentato golpe di Sall e il nuovo “test” per il Senegal

Faye, 44 anni, è il più giovane leader africano eletto e il numero due del cosiddetto Pastef, sigla di Patriotes Africains du Sénégal pour le Travail, l’Éthique et la Fraternité: una forza di intonazione panafricanista e radicale capeggiata da Ousmane Sonko, attuale primo ministro e alter-ego elettorale di Faye. Il tandem ha trionfato al voto di marzo con un’offerta politica di rottura rispetto agli anni di Sall, reduce da un doppio mandato e protagonista di un tentativo di colpo di Stato istituzionale: la dilazione dei termini della sua carica, in scadenza nel 2024, una forzatura osteggiata dalla piazza e cassata definitivamente dalla Corte costituzionale di Dakar.

Le presidenziali convocate dopo il passo indietro di Sall hanno già rappresentato un primo “test” sulla tenuta democratica del Senegal, ritenuto un’ancora di stabilità in una regione puntellata dai colpi di Stato che si sono susseguiti nel Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger) e la proliferazione di violenze terroristiche, ora arrivate a lambire anche le coste dell’Africa occidentale. L’agenda di cambiamento di Faye è rimasta sulla carta nei primi mesi di potere, un ritardo che il leader in carica imputa all’opposizione.

Fonte: Il Sole 24 Ore