Senza la spinta della Germania, si ferma l’economia dell’Eurozona
L’Eurozona si è fermata: nell’ultimo trimestre del 2024, la crescita è stata pari a zero rispetto ai tre mesi precedenti, quando aveva fatto registrare un aumento dello 0,4%. È in gran parte l’effetto della crisi tedesca, ormai al secondo anno di contrazione.
Nell’ultima frazione del 2024, il Pil della Germania è sceso in territorio negativo, con una flessione dello 0,2% che conferma le attese e fa temere per il prossimo futuro. Se anche nel primo trimestre del 2025 il Pil perderà quota, sarà recessione tecnica. Un’espressione da economisti, di sicuro impatto psicologico, a meno di un mese dalle elezioni del 23 febbraio, ma che non cambia più di tanto il quadro delle aspettative: mercoledì, anche il Governo di Berlino ha tagliato le stime di crescita per quest’anno, abbassate a un modesto 0,3%, che resta esposto ai venti contrari in arrivo dall’altra sponda dell’Atlantico. Gli economisti temono che un’ondata di dazi Usa possa bruciare quel poco di crescita che ci si aspetta dalla prima economia dell’Eurozona.
«I rischi per la crescita economica restano orientati al ribasso e maggiori tensioni nel commercio globale potrebbero pesare sull’area dell’euro», ha ribadito la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, in conferenza stampa, poche ore dopo la pubblicazione dei dati Eurostat. La Bce ha tagliato i tassi al 2,75% il 30 gennaio.
Secondo Vincent Stamer, economista di Commerzbank, la frenata dell’Eurozona è dovuta in primo luogo alla debolezza del commercio, a seguito della debole domanda cinese. Il calo dei tassi di interesse, ha aggiunto Stamer, non sta ancora dando la spinta sperata e bisognerà aspettare fino alla seconda metà del 2025.
In retromarcia anche la Francia, che registra una contrazione dello 0,1%. Come Berlino, Parigi è nel mezzo di una congiuntura politica paralizzante. Ferma l’Italia (crescita zero, come nel terzo trimestre), l’Irlanda accusa un crollo dell’1,3% sul trimestre precedente. La forte presenza di multinazionali, comprese le principali aziende tecnologiche e farmaceutiche del mondo, provoca forte volatilità: nel terzo trimestre, la crescita era stata del 3,5%.
Fonte: Il Sole 24 Ore