Si apre l’era Trump e le grandi cantine italiane hanno sempre più vigneti negli Usa

Si apre l’era Trump e le grandi cantine italiane hanno sempre più vigneti negli Usa

C’è un’Italia di eccellenze agroalimentari che fa gola agli investitori stranieri e c’è un’Italia di eccellenze agroalimentari che si espande anche fuori dei confini nazionali non solo con l’export ma anche con iniziative imprenditoriali in grado di portare altrove il know how e la qualità made in Italy. L’esempio viene ancora una volta dal settore del vino italiano e da tre cantine in particolare (che valgono insieme quasi 700 milioni di fatturato) e che non si accontentano dei successi di mercato ma puntano a recitare un ruolo da protagonisti anche “fuori casa”, misurandosi con la viticoltura a diverse latitudini e conservando sempre come bussola il totem della qualità.

Investimenti che puntano al rafforzamento della presenza italiana negli Stati Uniti su quello che è il principale mercato mondiale del vino e dei fine wines fornendo una propria interpretazione delle potenzialità viticole del Nuovo Mondo ma anche integrando il proprio portafoglio prodotti destinati agli Stati Uniti con etichette local.

L’ultima operazione in ordine di tempo è quella messa a segno dal Gruppo Viticolo Santa Margherita che ha rafforzato la propria presenza negli Usa e nello stato dell’Oregon dove nel 2022 ha rilevato la cantina Roco Wines e ha ora acquisito 21 nuovi ettari di vigneti dalla cantina Marsh Estate.

I pionieri Antinori…

Ma la presenza di produttori italiani negli Stati Uniti risale a qualche decennio fa. «Il rapporto di Antinori con gli Stati Uniti ha radici lontane – spiega la presidente e ceo dell’azienda toscana (3.400 ettari di vigneti, 21 milioni di bottiglie prodotte e 263 milioni di euro di fatturato 2024, +6%), Albiera Antinori – ed è sempre stata legata al forte rapporto di amicizia che legava mio padre col pioniere della Napa Valley, Robert Mondavi. Proprio nella Napa Valley siamo presenti dal 1986 quando entrammo con una quota del 2% nella cantina Antica, azienda con 240 ettari di vigneti che poi abbiamo rilevato del tutto nel 2008. Successivamente abbiamo acquistato un 15% di Stag’s Leap, storica azienda della valle a nord di San Francisco, vincitrice del celebre Judgement of Paris. Il confronto alla cieca che si tenne in Francia nel 1976 quando una giuria di esperti preferì due vini californiani alle etichette francesi, svelando al mondo le potenzialità di quest’area. Abbiamo rilevato l’azienda un anno e mezzo fa insieme alla cantina Col Solare nello stato di Washington. Complessivamente negli Usa produciamo circa 1,4 milioni di bottiglie (1,3 solo a Stag’s Leap) soprattutto di Cabernet Sauvignon e Chardonnay. Attorno alle cantine americane abbiamo poi strutturato la nostra rete distributiva negli Usa, un asset fondamentale per consolidare le posizioni su quel mercato».

…e Frescobaldi

«Anche il mio rapporto con gli Usa è lungo visto che ho studiato enologia a Davis in California – spiega il presidente della Marchesi Frescobaldi (171 milioni di fatturato, 11 milioni di bottiglie prodotte e 1.750 ettari di vigneti), Lamberto Frescobaldi – ma come azienda siamo sbarcati a fine luglio 2023 quando abbiamo rilevato la cantina Domaine Roy & fils in Oregon. Un’area particolarmente vocata per il Pinot nero ma anche per lo Chardonnay. Il clima continentale e le forti escursioni termiche favoriscono il corredo aromatico delle uve da cui si producono vini profumati ed eleganti. Meno strutturati quindi dei Carbernet californiani ma più vicini ai gusti dei consumatori che si stanno affermando sui mercati internazionali. Abbiamo investito qui perché i consumatori Usa al 75% comprano vini americani e noi vogliamo proporre loro oltre alle nostre etichette made in Italy la nostra interpretazione dei vini americani. In Oregon abbiamo 18 ettari e ora ne stiamo piantando altri 10 per arrivare presto a quota 30. La produzione attuale è di 200mila bottiglie e speriamo di rafforzarla in pochi anni».

Fonte: Il Sole 24 Ore