Sicurezza, riparte in Senato l’iter del Ddl. Perché la maggioranza lo invoca dopo gli scontri di sabato

Sicurezza, riparte in Senato l’iter del Ddl. Perché la maggioranza lo invoca dopo gli scontri di sabato

Da Matteo Salvini a Guido Crosetto, dopo gli scontri di sabato a Roma e a Bologna tra manifestanti e polizia, nel Governo e nella maggioranza si è levato quasi un coro: «Approvare in fretta il disegno di legge Sicurezza». Domani nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato l’iter del provvedimento dovrebbe riprendere, dal punto in cui prima di Natale si era interrotto: i senatori hanno votato fino all’articolo 15 del testo, respingendo tutti gli emendamenti presentati dalle opposizioni (oltre 1.500 complessivi). Ma la pausa era stata dettata da un altro dilemma: come recepire, senza passi indietro eclatanti, i rilievi emersi nel dialogo con il Colle? E come impedire che una terza lettura alla Camera dilati oltre misura i tempi per il varo del Ddl?

Pene inasprite per i danneggiamenti durante i cortei

Questa è la strettoia da cui l’Esecutivo vuole uscire in fretta. Consapevole che i sindacati delle forze dell’ordine premono per un’approvazione rapida, guardando in particolare ad alcune norme. La prima è l’articolo 12, introdotto in commissione alla Camera, che inasprisce le pene (reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni e multa fino a 15mila euro) per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora il fatto sia commesso con violenza alla persona o minaccia.

Il Daspo urbano e l’alt ai blocchi stradali

Molto atteso è anche il Daspo urbano (articolo 13), con cui si estende l’ambito di applicazione della misura di prevenzione del divieto di accesso alle aree urbane, disposta dal questore, anche nei confronti di coloro che risultino denunciati o condannati, pure con sentenza non definitiva, nei cinque anni precedenti, per uno dei delitti contro la persona o contro il patrimonio previsti dal libro secondo, titoli XII e XIII del Codice penale, qualora siano commessi nelle aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze. L’osservanza dell’alt è ulteriore condizione al cui rispetto può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena. Chi organizza sit-in di protesta lungo binari ferroviari, strade e autostrade impedendo la circolazione di mezzi o persone rischia il carcere da 6 mesi a 2 anni se il blocco è commesso con più persone. La sanzione amministrativa diventa fattispecie penale.

Le tutele rafforzate per gli agenti

La stessa disposizione estende l’ambito di applicazione dell’arresto in flagranza differita anche al reato di lesioni cagionate a un pubblico ufficiale in servizio in occasione di manifestazioni (e individua le sanzioni nei casi di lesioni cagionate al personale sanitario a causa delle funzioni o del servizio). Ma è il capo III del disegno di legge quello più caro alla Polizia e ai militari, perché è interamente dedicato a misure per la loro tutela. Tante le novità: si va dall’aumento della pena di un terzo se i delitti di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale sono commessi nei confronti di un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza all’introduzione di un’ulteriore aggravante in virtù della quale la pena è aumentata fino a un terzo se la violenza o la minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica. Un altro passaggio controverso, ribattezzato dai detrattori “anti no Ponte”.

Le bodycam sulle divise

Viene poi introdotta la nuova fattispecie di reato di «lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni» punita con la reclusione da 2 a 5 anni nel caso di lesioni semplici; da 4 a 10 anni nel caso di lesioni gravi; da 8 a 16 anni nel caso di lesioni gravissime. E l’articolo 21 consente alle forze di polizia, stanziando 23 milioni di euro fino al 2026, di utilizzare dispositivi di videosorveglianza indossabili nei servizi di mantenimento dell’ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo treno.

Fonte: Il Sole 24 Ore