Sin di Crotone, la bonifica del sito più inquinato d’Europa tra diffide, tecnicismi e ricorsi al Tar

Spente le ciminiere nel 2001, a Crotone, dei grandi impianti della metallurgia e dell’industria chimica italiana del secolo scorso rimane solo il degrado, l’ambiente contaminato e un senso di abbandono che mortifica la città: la bonifica del sito industriale realizzato agli inizi del ‘900 e delle discariche a mare è un’incompiuta, tra progetti operativi sospesi, rimpalli di responsabilità, decreti, diffide e ricorsi al Tar per salvaguardare territorio e comunità, nel rispetto del Paur, quel vincolo regionale che dal 2019 impone lo smaltimento dei rifiuti fuori dalla Calabria. Con un recente decreto il ministero dell’Ambiento lo ha “aggirato”, dando per scontata la sua prossima cancellazione da parte della Regione e autorizzando Eni Rewind, responsabile della bonifica, a conferire i materiali in un impianto del crotonese che già riceve da oltre confine rifiuti pericolosi. Ma comune, provincia e regione hanno impugnato il provvedimento davanti al Tar. La questione si complica e i tempi si dilatano.

Kroton, Pitagora e l’industria

Oggi non sembra, ma meno di un secolo fa, Crotone, in origine polis della Magna Grecia, è stata la Stalingrado del Sud, con un’area industriale servita da una straordinaria quantità di energia idroelettrica a basso costo, ottenuta dai ricchi invasi della Sila. E godeva di una lunga tradizione mercantile, con un porto al quale arrivavano materie prime da tutto il mondo. Vicino, la ferrovia. E nel giro di pochi anni anche l’aeroporto. A nord della città, la Società di Pertusola, della francese Société Minière et Métallurgique de Penna Roya, produceva zinco elettrolitico, quasi di fronte al mare. La Montecatini, invece, prima di diventare Enichem, era sbarcata nell’antica Kroton – lì dove Pitagora fondò la sua scuola sapienziale – per produrre concimi e fertilizzanti per l’agricoltura, con la Società  Meridionale Ammonia. Mille operai a lavoro, altrettanti nell’indotto.

Crotone un secolo fa, infrastrutture, lavoro, energia

«Qui nascevano zuccherifici, conservifici e fabbriche che lavoravano la cellulosa per la carta di Fabriano – ricorda Pino Greco, memoria storica dell’Ex Pertusola, dove da operaio svolse un’intensa attività sindacale -.  E intanto Guido Donegani, presidente livornese della Montecatini, poi della Banca Commerciale Italiana, creava a Crotone il primo istituto tecnico per la formazione di analisti chimici – continua l’ex sindacalista -.  Avevamo tutto, infrastrutture, lavoro, energia. E mentre cresceva la città, si sviluppava il suo tessuto sociale e culturale».

Una bella storia che dura 70 anni

Per 70 anni è stata una bella storia. Poi, mentre tracollava la Prima Repubblica e la crisi industriale colpiva il settore manufatturiero, iniziavano le prove di globalizzazione: lo zinco arrivava in Italia dall’India e da Hong Kong. E Crotone perdeva il suo primato nazionale.  Alla dismissione degli impianti industriali si è arrivati in poco tempo, nonostante la lotta degli operai riuniti in assemblea permanente, asserragliati nello stabilimento o sulla statale 106. Le mogli barricate sui binari della ferrovia e la Chiesa dalla loro parte: «La messa è finita, torniamo a lottare in pace», diceva don Giorgio la domenica, alla fine della funzione religiosa.

La fase 2 della bonifica tra diffide e ricorsi al Tar

Nel sito industriale più inquinato d’Europa, i lavori della bonifica delle discariche fronte mare e delle aree interne agli stabilimenti (quella dell’ex Pertusola, in particolare) saranno avviati entro la fine di ottobre: con una diffida, il ministero dell’Ambiente ha obbligato Eni Rewind a iniziare gli interventi, trasmettendo gli atti alla procura, “qualora perdurasse l’inerzia della società”. Contestualmente il ministero di Gilberto Pichetto Fratin ha chiesto,  anzi preteso, che la Regione avviasse il procedimento di modifica del Paur – provvedimento autorizzatorio unico regionale – per consentire lo smaltimento dei rifiuti in Calabria, nella vicina discarica Sovreco, non risultando possibili, al momento, soluzioni alternative.

Fonte: Il Sole 24 Ore