Sky Italia: nel piano di riorganizzazione 2.500-3mila uscite in 4 anni
Un numero di uscite compreso fra 2.500 e 3mila entro il 2024. Il tutto su 11mila addetti: 5mila interni e 6mila esterni. Il piano, che dovrebbe portare risparmi per 300 milioni, non prevederebbe licenziamenti ma solo abbandoni volontari. Sono questi i numeri emersi durante l’incontro fra Sky e sindacati per presentare il nuovo piano di riorganizzazione. Che era atteso e fissato da settimane. Nel frattempo ci sono state evoluzioni sull’asta della Serie A sfavorevoli a Sky, con l’attribuzione dei diritti a Dazn in partnership con Tim. Ma questi numeri hanno una genesi e una gestazione che va al di là.
La risposta alla trasformazione del settore
All’incontro hanno partecipato l’Amministratore delegato di Sky Italia, Maximo Ibarra e le Segreterie Generali Nazionali, Territoriali e le Rsu di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil. «L’ad – si legge nel comunicato delle organizzazioni sindacali di categoria – ha presentato un quadro di settore altamente competitivo in forte trasformazione tecnologica e verso la piena digitalizzazione. L’avanzamento dei processi di digitalizzazione e la diffusione anche nel nostro paese delle piattaforme streaming mette l’intero settore dei broadcaster dinanzi ad un processo di irreversibile trasformazione». A pesare è anche la complicazione «derivante dalla trattativa sui diritti del campionato di calcio serie A che ad oggi vede l’azienda fuori da questa partita».
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Impatto sul 25% della forza lavoro
In gioco c’è quindi un piano di 300 milioni di risparmi «costi afferenti a minori spese gestionali, produttivi e del costo del lavoro», spiegano sempre i sindacati. «La pressione competitiva e lo scenario economico complessivo legato alla crisi sanitaria impongono, secondo l’azienda, un percorso che, oltre al cambiamento organizzativo, porti nel triennio una razionalizzazione dei costi complessivi» di questa portata. Sullo specifico tema del costo del lavoro, «l’azienda ha quantificato in circa il 25% l’obiettivo di riduzione deinumeri complessivi nel triennio (ad oggi la società controllata dall’americana Comcast ha 5mila dipendenti diretti e 6mila circa esterni). I massimi dirigenti aziendali hanno proposto quindi di iniziare un confronto complessivo sull’intero piano di riorganizzazione, con la volontà di evitare qualsiasi azione unilaterale e confermando la disponibilità di costruire un percorso socialmente responsabile».
Over The Top e digitalizzazione
L’incontro fra i vertici Sky e la componente sindacale ha insomma messo sul tavolo quella che l’azienda vede come una necessità, e cioè i proseguire su un piano di trasformazione che si rende necessario per adattare il modello operativo del gruppo Sky alla concorrenza degli operatori Over-The-Top. Oltre a questo si insisterà sulla digitalizzazione e sulla centralizzazione a livello di gruppo di diverse attività. «La trasformazione del modello produttivo, e quindi anche delle professionalità di Sky, è una sfida da cogliere. Con un elemento di chiarezza imprescindibile però: il confronto che inizierà a breve, per quanto ci riguarda – segnalano i sindacati – avrà ad oggetto l’organizzazione del lavoro complessiva dell’azienda. La razionalizzazione dei costi è un risultato della revisione dell’organizzazione del lavoro. In questo processo dovranno comunque esserci diverse soluzioni, concordate e non unilaterali, che possono contribuire al raggiungimento dell’obiettivo della trasformazione. Ciò significa quindi che non si parte da numeri da raggiungere a prescindere. E che soprattutto le soluzioni saranno condivise e non traumatiche, quindi nell’alveo delle odierne dichiarazioni d’intento».
L’incognita Serie A
Adesso inizierà la fase operativa. In cui verranno calendarizzati una serie di incontri. Peraltro in queste settimane si saprà di più quale sarà l’esito dell’asta sui diritti Tv per la Serie A. «Quello che ci hanno presentato – spiega a Radiocor Pierpaolo Mischi, segretario nazionale della Uilcom Uil – è un piano che possiamo provare a gestire in un’ottica di compatibilità sociale, anche perché diluito nel tempo, nell’arco di quattro anni». Al netto di questo però, lo stesso Mischi aggiunge di essere più preoccupato «per eventuali risvolti della questione dei diritti tv del calcio con i possibili ulteriori impatti negativi sull’occupazione». In questo caso, spiega il sindacalista, «come detto dall’ad Maximo Ibarra potrebbe esserci un aggiornamento del piano e questo potrebbe comportare qualche rischio, anche se l’ad ci ha confermato che dovrebbe sempre essere gestito in continuità con quello attuale, secondo criteri di sostenibilità sociale».
Fonte: Il Sole 24 Ore