Solo 7 euro di utili per i contadini ogni 100 euro spesi in prodotti agricoli freschi

Solo 7 euro di utili per i contadini ogni 100 euro spesi in prodotti agricoli freschi

Un comparto in buona salute, costellato da evidenti sperequazioni per quel che riguarda la redistribuzione del valore lungo la filiera e che sconta ancora troppo la dipendenza dall’estero su alcune materie prime (o prodotti). Così l’identikit dell’agroalimentare nel Rapporto 2024 stilato da Ismea.

Gli investimenti fissi lordi in agricoltura nel 2023 hanno toccato i 12 miliardi di euro, il 2,7% di quelli dell’intera economia, nel quadro di un notevole aumento in termini reali, che nell’ultimo decennio ha interessato tutti i settori, agricoltura compresa (+43,5%). «Si tratta di investimenti – ha detto il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida – che rafforzano il nostro mondo, la nostra economia e che sono mancati per troppi anni».

Il tasso di approvvigionamento generale del settore – inteso come rapporto tra il valore della produzione interna e quello dei consumi – ha toccato nel 2023 quota 99,2%. Non mancano, comunque, comparti in sofferenza. In particolare – evidenziano gli analisti di Ismea – la compresenza di un’agricoltura deficitaria di alcuni prodotti e di un’industria alimentare orientata all’esportazione, determina situazioni di significativa dipendenza dall’estero in alcune filiere per l’approvvigionamento di materie prime da trasformare in prodotti caratteristici del made in Italy. Una tendenza che si è accentuata negli ultimi anni di pari passo all’aumento della capacità di penetrazione sui mercati esteri dell’industria alimentare e alla contestuale minore disponibilità di materia prima nazionale a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici.

È il caso di mais, soia, caffè, olio extravergine d’oliva, bovini vivi, prosciutti e spalle di suini, frumento tenero e duro, fave di soia, olio di palma e panelli di estrazione dell’olio di soia. Questi prodotti rappresentano i più critici per quel che riguarda l’approvvigionamento, avendo tassi di autosufficienza che variano dallo 0% nel caso del caffè, a oltre il 60% nel caso dei prosciutti; ma sono mais e soia, i più critici in termini di approvvigionamento. Per entrambi le importazioni negli ultimi venti anni sono considerevolmente aumentate, comportando una drastica riduzione del tasso di approvvigionamento (al 46% per il mais e al 32% per la soia nel 2023).

Nonostante alcune carenze, il settore gode di buona salute e di grande prestigio oltreconfine, come certificato dall’export, che nel 2023 ha toccato i 64 miliardi di euro. Più in generale la crescita delle esportazioni tra il 2014 e il 2023 è stata dell’87%. Anche le importazioni sono cresciute, sebbene a un ritmo inferiore (+55%) e il saldo è migliorato, pur rimanendo negativo.

Fonte: Il Sole 24 Ore