Soluzioni basate sulla natura per contrastare gli eventi estremi

L’uragano Milton che spiana la Florida, il meteorologo che piange in diretta, i disastri a ripetizione in Emilia Romagna, il lago di Como che esonda in città e il Lambro a Milano sono tutti episodi che fanno parte della nuova normalità. Con la crisi del clima questi eventi eccezionali sono diventati la regola e le piogge torrenziali – causa di frane ed alluvioni – sono sempre più comuni. Negli ultimi 50 anni il numero di eventi eccezionali è quintuplicato a livello globale, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale. In Italia, stando ai dati dell’ultimo report realizzato da Irpi e Cnr, negli ultimi cinquant’anni frane e alluvioni hanno provocato 1.610 morti, 1.875 feriti e oltre 300mila evacuati e senza casa. Solo dal 2010 a oggi in Italia si sono verificati ben 120 eventi alluvionali gravi, secondo l’ultimo rapporto del Cresme, facendo triplicare la spesa annuale per il dissesto idrogeologico, da una media di un miliardo all’anno a 3,3 miliardi.

In Italia si perdono più di 21 ettari al giorno

Con l’emergenza climatica e il progressivo riscaldamento degli oceani dovremo abituarci a eventi ancora più intensi, tanto che gli esperti prevedono la comparsa di uragani veri a propri anche in Europa, e quindi sarà bene attrezzarsi. In primo luogo limitando il consumo di suolo, come previsto anche dagli obiettivi europei. In Italia si perdono 21 ettari di suolo al giorno, in base all’ultimo rapporto dell’Ispra, che si riferisce al 2022. «Nell’ultimo anno le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 76,8 chilometri quadrati, il 10,2% in più del 2021. Si tratta, in media, di più di 21 ettari al giorno, il valore più elevato degli ultimi 11 anni, in cui non si erano mai superati i 20 ettari», si legge nel rapporto. Strade, parcheggi e grande distribuzione rientrano tra le cause principali, ma il suolo è sotto pressione anche a causa dell’intensificazione agricola, che altera pesantemente gli ecosistemi naturali.

La correlazione tra consumo di suolo e alluvioni è molto stretta. La cementificazione modifica il ciclo naturale dell’acqua e riduce l’evaporazione e l’infiltrazione, andando ad aumentare i volumi delle acque superficiali. Un suolo impermeabile in area urbana può aumentare il cosiddetto “run-off” (il deflusso superficiale delle acque che ingrossano i fiumi) fino al 70% delle precipitazioni, contro una media del 5-10% nelle zone verdi. La cementificazione dei corsi d’acqua, ristretti fra argini sigillati che spesso modificano il loro corso, o “tombati” nelle viscere delle città, fa il resto. Da qui nascono le alluvioni.

La legge europea sul ripristino della natura

Gli strumenti per limitare i danni, però, ci sono. Oltre alla Strategia europea per il suolo, con un obiettivo di consumo netto di suolo pari a zero entro il 2050, il 18 agosto scorso è entrata in vigore anche la legge europea sul ripristino della natura, che mira a a ripristinare almeno il 20% degli ecosistemi degradati terrestri e marini dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che hanno bisogno di ripristino entro il 2050. Queste strategie si avvalgono delle cosiddette Nature-based Solutions, ovvero di soluzioni che traggono spunto dalla natura per generare benefici ambientali, sociali ed economici a vantaggio della comunità. Il concetto, nato nei primi anni Duemila, fa capolino in entrambe le direttive europee e sta prendendo piede anche in Italia, dov’è stato lanciato l’anno scorso il primo hub dedicato, il cui coordinamento è affidato all’Istituto di Ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr, diretto da Carlo Calfapietra. Prima ancora del Cnr, già da una ventina d’anni l’Innovation Center Giulio Natta applica le NbS su mille ettari di terreno a Giussago, nella campagna pavese, proponendo soluzioni per ridisegnare i distretti della filiera agroindustriale e trasformarli in centri con minori sprechi di risorse e maggiore produttività del terreno. Tra le soluzioni sperimentate nella prima Nature-based Solutions Valley italiana c’è il recupero degli scarti agroindustriali per produrre biostimolanti e fertilizzanti naturali, aumentare la materia organica dei suoli e produrre energia. C’è la fitodepurazione naturale delle acque. Ci sono bioreattori per l’accumulo di fonti energetiche dagli scarti urbani. E ci sono tecniche agricole innovative, basate su barriere ecosistemiche perimetrali dedicate alla rigenerazione della biodiversità.

Demolire superfici asfaltate o cementate

Fin qui le soluzioni per le aree agricole. In città, le NbS sono più concentrate sulla “desigillazione”, ovvero la demolizione delle superfici asfaltate o cementate per restituire permeabilità ai suoli urbani, trasformando i parcheggi in giardini, aprendo aiuole lungo le strade al posto dei parcheggi, convertendo i cortili interni agli edifici in aree verdi e piantando alberi. Anche i tetti e le pareti verdi aiutano ad assorbire l’acqua in eccesso e a mitigare le isole di calore. Poi ci sono i giardini della pioggia per raccogliere il deflusso in stagni superficiali temporanei, prima che l’acqua filtri attraverso la vegetazione, e il ripristino delle zone umide per rallentarne il flusso, i canali vegetati e i bacini d’infiltrazione per favorire la ricarica delle falde sotterranee. Interventi di questo tipo sono sempre più praticati nel mondo, da Seul a Rotterdam, da Berlino a New York, con progetti rivoluzionari per ridare spazio alla natura anche in città. A Seul è stata demolita un’autostrada per scoperchiare un corso d’acqua interrato e ripristinare le aree umide che la proteggeranno da future alluvioni. A Rotterdam sono stati creati dei corridoi per convogliare l’acqua nei parchi e nelle aree verdi, dove non farà danni. Enormi cantieri smantellano gli errori del passato, per preservarci dai disastri del futuro.

Fonte: Il Sole 24 Ore