Sonia Gomes intreccia nell’arte tessile la vita degli altri

Quali sono le storie, i ricordi e gli affetti custoditi nei tessuti utilizza?
I tessuti che ricevo nel mio studio mi arrivano in tutti i modi immaginabili; alcuni provengono da amici intimi, altri sono accompagnati da lettere e messaggi anonimi, che quasi sempre mi parlano del rapporto affettivo che esiste con il tessuto. Quando il lavoro è terminato ricordo la storia di alcuni tessuti che ho utilizzato. Più che le storie che circondano i pezzi, ciò che guida il lavoro è la consapevolezza che sono momenti di un ricordo a cui le persone vogliono dare una nuova vita. Come ha giustamente osservato Anne Lafont nel testo che accompagna la mostra «…vivem no compasso do sol» da MendesWood DM a Parigi, spesso finisco per preferire il frammento del tessuto alla brillantezza della sua completa estensione; è in questa operazione di frazionamento, cucitura e intreccio di affetti e memorie che si realizza l’opera, dandole un nuovo corpo, una nuova vita che mantiene vivi gli affetti e i ricordi impregnati nel pezzo.

Il gesto ripetitivo del suo intreccio riflette le situazioni di difficoltà della vita in Brasile?
Ho scelto di produrre bellezza per astrarre il dolore, di parlare di bellezza per sciogliere il nodo che mi era rimasto in gola. Il lavoro è ciclico ed è nell’andare e venire che le memorie si incontrano, che il corpo nasce. Capisco che il lavoro si impone come una sfida alla forma, alla ripetizione, che è sempre attraversata da un nuovo desiderio, e da lì nasce una nuova forma. Quando lavoro, non penso alle difficoltà, ma alla speranza e alla bellezza.

Il tessuto è un materiale generalmente associato al lavoro femminile e la sua città natale, Caetanópolis, è conosciuta come il luogo di nascita dell’industria tessile brasiliana. Come spiega il fatto che i tessuti siano diventati la sua pratica artistica?
Caetanópolis fa parte del mio rapporto con il tessile, ma non per il rapporto con la fabbrica e l’industria bensì per la varietà dell’artigianato e della produzione manuale del Minas Gerais. Porto con me i ricordi delle congadas e delle feste del Divino che sono un punto di riferimento del sincretismo religioso brasiliano. Nei lavori che fanno parte della mostra, utilizzo alcuni pezzi di tessuto chita, un tessuto popolare in Brasile, molto usato nelle feste. Il riferimento immaginario nel mio lavoro proviene da questo luogo, dalle feste, dal barocco di Minas Gerais e, soprattutto, dal lavoro manuale che mette energia vitale nella realizzazione di un ricamo, di una tovaglia o di un vestito per bambini. La plasticità del tessuto è ciò che lo ha reso un materiale così importante nella mia produzione. Gli abiti che ricevo portano le forme del corpo di chi li indossa. Questa forma che gli abiti portano con sé è qualcosa di molto importante per il lavoro.

Ora che è una artista acclamata, che consiglio darebbe ad altri giovani artisti, soprattutto a quelli di origine afro-brasiliana?
Ho sempre creduto nel lavoro e nel suo potere, ma non avrei mai immaginato di essere un’artista. Ho continuato a farlo perché non potevo vivere senza, era come se la vita si svuotasse. Quello che dico sempre ai giovani artisti è che devono insistere, devono credere nel processo creativo ed essere fedeli. Non bisogna mai arrendersi, bisogna continuare con libertà, coraggio e perseveranza.

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Fonte: Il Sole 24 Ore