Sorpasso del Napoli. Inter sempre più in crisi battuta anche dalla Roma. Inzaghi sotto accusa

Sorpasso del Napoli. Inter sempre più in crisi battuta anche dalla Roma. Inzaghi sotto accusa

L’uno a zero per un gol di Soulè al 22’ non deve trarre in inganno. La vittoria della Roma è pienamente meritata. E semmai, per le occasioni create dai giallorossi, avrebbe dovuto essere più ampia. Soprattutto nel primo tempo, dopo l’uscita di Pavard (problema alla caviglia), l’Inter non ha mai dato segnali di vita, se non un inutile e sterile possesso di palla più soporifero di un documentario sulla vita dei mufloni. Stesso film nella ripresa, con l’Inter non graffiante e la Roma sempre in agguato. Come prosciugata, la squadra di Inzaghi non è mai partita. Solo esplosioni di rabbia, più di frustrazione che di forza, come quando Lautaro, spingendo Mancini a terra, si è beccato un’inutile ammonizione. Inutili anche le contorsioni di Frattesi, impreciso e mai sul pezzo. Tutto questo a tre giorni dalla semifinale di Champions a Barcellona

L’ardua sfida con il Barcellona,

Può un gruppo in piena caduta libera come questo tener testa agli spagnoli? Di solito c’è un’Inter di coppa e una di campionato. Ma ora? Mentre il duello con il Napoli non è ancora del tutto perduto, la sfida con il Barca sembra la scalata di un ottomila senza bombole di ossigeno.

C’è un altro aspetto feroce, feroce come sa essere il calcio quando le cose vanno male: quello del processo a Inzaghi, in tre partite (ri)diventato il pungiball contro cui sfogarsi. Dopo il Bayern, Simone era una una guida formidabile. Ora dopo questi dieci giorni che hanno sconvolto l’Inter è diventato il simbolo del Male. Tanti i capi d’accusa: la turnazione mal riuscita, i cambi infelici, l’eccessiva enfatizzazione del possibile Triplete, le scenate isteriche da bordo campo sono diventate macchie incancellabili. Incredibile che bastino tre partite per trasformare un purosangue in asino. La società in qualche modo cerca di proteggerlo. Ripete come un mantra che Simone merita la conferma a prescindere, ma tutti sappiamo che sono frasi di circostanza per ridare fiducia a un ambiente che non sa più a che santo votarsi. E’ un copione trito e ritrito che conosciamo già. Quando poi la situazione degenera, ognuno va per la sua strada “ringraziando il mister per il prezioso lavoro svolto”.

Forse, ma dirlo dopo è facile, l’errore di Inzaghi è stato quello di inseguire tutti i traguardi. Un calcolo presuntuoso. Questo calcio, con troppe partite e troppi infortuni, non lo permette. “Chi troppo vuole nulla stringe”, dice un vecchio proverbio che risalirebbe ad Esopo e che fa il paio con il più popolare “Chi si contenta gode”

La Dea conserva il terzo posto

E dietro, le altre aspiranti a un posto in Europa? L’Atalanta, pareggiando col Lecce (1-1) conserva il terzo posto (65) dopo una partita condizionata dal ricordo del fisioterapista Graziano Fiorita e dalla protesta dei salentini, in campo con una maglia bianca e senza logo, che non avrebbero voluto giocare per rispetto dello scomparso. Dopo un avvio surreale, la partita è stata poi decisa da due rigori: prima quello di Karlsson per i salentini e poi Retegui per i padroni di casa. Ma era così complicato venire incontro alle legittime richieste del Lecce?

Fonte: Il Sole 24 Ore