Spagna-Francia: la sfida “mediterranea” elegge la prima finalista di Euro2024

Da un lato del tabellone i ‘nordici’ rappresentati da Olanda e Inghilterra, dall’altro i ‘mediterranei’. Sarà pure il più brutto di sempre (ma poi non possiamo certo dirlo noi, ché gran contributo ad aumentarne la bellezza di sicuro non abbiamo dato…) ma alla fine Euro2024 si regala due semifinali che comunque fotografano le gerarchie del football continentale, e che vedono pure la presenza di quattro grandi storiche del calcio europeo (tre vincitrici in edizioni precedenti più l’Inghilterra recentissima finalista). La nobiltà quindi ha di nuovo respinto l’assalto della borghesia calcistica, stavolta impersonificata dalle solide e operose Austria e Svizzera, e dalla futuribile Turchia.

Finalista mediterranea – Stasera dall’Allianz Arena di Monaco di Baviera uscirà il nome della finalista ‘mediterranea’. Quarant’anni fa, proprio a Parigi, Francia e Spagna si affrontarono per il titolo, conquistato dai transalpini guidati da Le Roi Platini. Stavolta l’incrocio vale appena poco meno, e parecchio di più delle altre sfide nei quarti che nel 2000 videro ancora il successo dei Bleus guidati da Zidane (e Deschamps…), e nel 2012 degli iberici. Ironia (amara) della sorte, in entrambi i casi francesi e spagnoli divennero poi campioni battendo in finale l’Italia.

Equilibrismo – Non a caso Didier Deschamps gli ha consegnato le chiavi del centrocampo. Perché Adrien Rabiot di questa Francia è il grande equilibratore, e soprattutto uno dei leader occulti. E non a caso quindi il ct porta lui al suo fianco nella conferenza stampa della vigilia della semifinale. Perché è ovvio che il tema principale – ancor più della partita in arrivo – sia quello delle elezioni transalpine e dello scenario politico che si sta ora delineando nel Paese. E non può non stupire che sia proprio questo, l’argomento centrale, visto che da Thuram a Mbappé erano sono stati tanti i Bleus a scendere in campo in questa tornata elettorale. E allora Rabiot più che da regista, nell’occasione gioca da stopper:” “I risultati delle elezioni e la mancata vittoria di Rassemblement National? Eravamo rientrati in camera dall’allenamento, non li abbiamo guardati insieme: eravamo tutti interessati perché’ è importante, ma meno di molti altri perché’ in testa abbiamo altro…”. Insomma, fa intendere lo juventino (anche in futuro? Chissà…): prima il calcio, poi il resto. “Non abbiamo parlato tra di noi. So che molti sono sollevati dall’esito del voto”, ha aggiunto Rabiot, che già nei giorni scorsi si era unito all’appello di tanti compagni perché’ i francesi andassero alle urne ma non aveva espresso alcun tipo di preferenza elettorale, nella convinzione di dover rimanere nei limiti dello sport.

Sollievo (di alcuni) – Il sollievo al quale ha fatto riferimento è piuttosto quello dei messaggi social di numerosi compagni di nazionale, da Thuram a Tchouaméni, passando per Koundé, che nella serata dello spoglio dei voti hanno espresso soddisfazione per la mancata maggioranza del partito di Marine Le Pen. Difficile immaginare però, visto il Paese tripartito uscito dalle urne, che riflessi di queste divisioni non vi siano anche nello spogliatoio della Nazionale, che già aveva mostrato crepe nei giorni degli appelli al voto “contro gli estremismi” dello stesso Mbappé. Sul tema, implicitamente, Rabiot spazza in calcio d’angolo polemiche e retropensieri: “Resto convinto – ha anche detto il centrocampista – che sport e politica non siano necessariamente un buon binomio. La valutazione del voto, se sia un bene o un male, la lascio a chi ne sa più di me, io in testa in questo momento ho altre cose, perché siamo alla vigilia di una semifinale europea. Io penso al calcio”.

Furie rosse unite – problemi e argomenti cui non deve pensare Luis de La Fuente, ct della Spagna che finora è apparsa la più convincente tra le big, malgrado la prevedibile fatica nel superare la Germania solo ai supplementari ai quarti. Storicamente, la Spagna che vince (quella del 1960 e quella dal 2008 in poi) è quella che riesce a trovare un punto d’incontro tra l’anima madridista, quella catalana e quella basca, in uno snervante equilibrismo tra centralismo e forze centrifughe (anche calcistiche). Finora questo sessantatreenne cresciuto a pane e Athletic Bilbao (di cui è stato prima tifoso, poi giocatore) s’è dimostrato sapiente alchimista. Contro Mbappé e compagni la prova più importante, e definitiva.

Fonte: Il Sole 24 Ore