Spazio: si riapre a gennaio l’«occhio» del Sardina Radio Telescope sull’Universo

Lo studio delle onde provenienti dall’universo inizia sotto la grande parabola bianca che domina la vallata di San Basilio, piccolo paese a una sessantina di chilometri da Cagliari. È il Sardinia Radio Telescope, infrastruttura di ricerca dell’istituto nazionale di Astrofisica, nato per «studiare le onde radio provenienti dall’Universo» e considerata punto di riferimento nello scenario scientifico nazionale e internazionale. Dopo un periodo di fermo per il potenziamento, l’«occhio» del telescopio si riaccende a gennaio per studiare lo Spazio alle alte frequenze radio, fino a 100 GHz.

Un progetto finanziato con fondi europei

«Una delle caratteristiche che lo rendono tra i radiotelescopi più innovativi e performanti d’Europa è l’enorme area di raccolta – chiarisce Federica Govoni direttrice dell’Inaf, l’ente gestore del Sardinia radio telescope -. Si tratta infatti di una parabola di 64 metri di diametro che permette di studiare oggetti celesti molto deboli e lontani nell’Universo». Le attività portate avanti dal Sardinia Radio Telescope, al centro di un progetto di ricerca e sviluppo finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr, programma 2014-2020) per oltre 18 milioni di euro, riguardano sia la ricerca scientifica, sia le funzioni di controllo delle missioni automatiche di esplorazione spaziale e dei satelliti artificiali in orbita intorno alla terra.

Dagli oggetti astronomici alle onde gravitazionali

«Il Radiotelescopio non è stato costruito per un unico caso scientifico ma, al contrario, è dotato di una serie di ricevitori che permettono di rivelare il segnale degli oggetti astronomici su un vasto range di frequenze – argomenta la direttrice -. Al momento può osservare il cielo da 0.3 a 26 GHz, ma è già equipaggiato per poter osservare presto fino a 100 GHz. Questa versatilità ci ha permesso di fare importanti scoperte in diversi ambiti di ricerca che vanno dalla fisica solare a quella delle nubi molecolari, dalla formazione stellare allo studio delle pulsar fino allo studio di oggetti extragalattici come radiogalassie, nuclei galattici attivi e ammassi di galassie».

L’infrastruttura di San Basilio fa parte in ambito europeo del progetto di collaborazione scientifica EPTA (European Timing Array), «teso a rilevare la propagazione delle onde gravitazionali tramite la misura di eventuali alterazioni nel moto di rotazione delle pulsar. I dati delle osservazioni eseguite nell’ambito di questa collaborazione vengono inviati al Jodrell Bank Centre for Astrophysics per essere elaborati». Inoltre è è stato anche inserito nell’elenco dei radiotelescopi che fanno parte del progetto denominato Radionet, finanziato fino al 2015 dalla Commissione europea.

Un’infrastruttura di primaria importanza

«Ci sono due aspetti che rendono Srt una infrastruttura di primaria importanza in ambito internazionale» argomenta la direttrice. «Il primo è che tutti gli astronomi del mondo possono chiedere tempo osservativo con il radiotelescopio e condurre le proprie ricerche astronomiche. Il secondo è che oltre ad essere uno strumento ideale per le applicazioni come “antenna singola”, opera anche nella rete internazionale chiamata Vlbi (Very long baseline interferometry), una tecnica che consente di mettere in correlazione i dati raccolti da varie antenne che osservano contemporaneamente una sorgente radio, combinandoli in modo da ottenere un’immagine di risoluzione tanto più elevata quanto più è ampia la distanza tra le antenne della rete».

Fonte: Il Sole 24 Ore