Spiagge, niente proroga al 2023 per le vecchie concessioni
Senza pace le concessioni demaniali marittime turistico-ricreative, a causa della pronuncia della Cassazione penale del 22 aprile 2022 n. 15676. Mentre governo e Parlamento preparano la normativa che dal gennaio 2024 regolerà le gare e le future concessioni, il giudice penale rielabora concetti che sembravano acquisiti e stabili almeno per un altro anno e mezzo. Il 31 dicembre 2023 è infatti la data stabilita per il riordino della materia dal Consiglio di Stato in Adunanza plenaria (18/2021) tagliando l’inestricabile nodo gordiano formatosi tra proroghe (statali e regionali) e sentenze (comunitarie, costituzionali, penali ed amministrative).
Il caso del lido genovese
I giudici penali hanno, in concreto, deciso il caso di un lido genovese che dal 2018 ha vissuto le varie proroghe legislative senza tuttavia ottenere specifici provvedimenti che potessero far sembrare legittima la permanenza dello stabilimento. Proprio la circostanza che il Comune non abbia prorogato la concessione (legittima a tutto il 2009), ha generato un intervento del giudice penale fortemente incisivo attraverso il sequestro dell’arenile e dell’intero stabilimento. Secondo i giudici, la confusa situazione verificatasi nel secondo decennio del 2000, con proroghe disposte dal legislatore statale, contestazioni da parte dell’Unione Europea, norme regionali che a loro volta tentavano di aggirare i limiti statali ed europei con discipline locali di favore, non rappresenta una giustificazione per i concessionari rimasti privi di titolo.
Il parere della Cassazione sulle proroghe
Sarebbe stato necessario, secondo la Cassazione penale, che i singoli concessionari, titolari di provvedimenti temporanei fino al 2009, avessero ottenuto un titolo (seppur precario e illegittimo) che avesse consentito loro di fruire delle varie proroghe (anche se illegittime), fino ad agganciarsi alla pronuncia del Consiglio di Stato 18/2021 e alla data finale del 31 dicembre 2023. Il concessionario genovese si trova così nell’anomala situazione (comune a pochi altri) di perdere lo stabilimento perché alla data del dicembre 2009 (Dl 194) non aveva né una concessione nuova, né una concessione successiva alla legge 88/2001.
Le contraddizioni del settore
Il ragionamento della Cassazione, pur avendo una sua logica formale, concatenando le varie proroghe e le espressioni via via usate dal legislatore, trascura il fatto notorio, ampiamente recepito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo il quale nell’ultimo decennio l’intero settore si è trovato in una situazione di disordine in cui era problematico sia avere una proroga legittima (contraria al diritto eurounitario), sia avere qualsiasi altro tipo di provvedimento (anche temporaneo) che consentisse di aspettare il nuovo, futuro regime.
Fonte: Il Sole 24 Ore