Stallo europeo e la strategia del Ppe: ecco i tre scenari possibili

C’è una domanda che in questi giorni di scontro tra Popolari e Socialisti per la nomina della prossima Commissione circola ai piani alti delle istituzioni europee: che gioco fa Manfred Weber, il presidente tedesco del Ppe che cinque anni fa fu estromesso dalla corsa alla presidenza dell’esecutivo per fare spazio alla connazionale e collega di partito Ursula von der Leyen? Prestare il partito agli interessi della componente spagnola che attacca la vicepresidente esecutiva designata, Teresa Ribera, socialista, per colpire il governo Sanchez e tentare di coprire le responsabilità di Carlos Mazon, governatore popolare della Regione di Valencia, per le pesantissime conseguenze della catastrofica alluvione del 29 ottobre, sta diventando un gioco molto pericoloso che rischia di far saltare il banco e il bis di Ursula, riportando le lancette indietro di cinque mesi. La conseguenza è che i socialisti, per proteggere la loro principale candidata in un esecutivo spostato per forza di cose a destra, hanno preso in ostaggio Raffaele Fitto, contestandone non le competenze o la performance in audizione ma le deleghe da vicepresidente esecutivo in quanto esponente di FdI-Ecr, forza politica che a luglio non ha votato la von der Leyen.

Weber e la strategia dei due forni

Giunti a questo punto, infatti, non rischia solo la Ribera o Fitto, a prescindere dalle audizioni che sono andate benissimo. Il nodo è tutto politico e se cade uno di loro ne cadono almeno altri due o tre, compreso il macroniano Stéphane Séjourné e a quel punto tutta la squadra messa insieme da von der Leyen che ci rimetterebbe la faccia e l’incarico. Questo spiega l’intenso attivismo della presidente nel difendere tutto il pacchetto di nomi e deleghe, e cercare di superare un problema che è prima di tutto nel suo partito, il Ppe. «Che Weber potesse adottare la strategia dei due forni, alleandosi di volta in volta con i Socialisti o con le destre era molto prevedibile – nota un alto funzionario europeo – ma pensavamo aspettasse almeno il voto finale sull’esecutivo e l’avvio della nuova legislatura. Invece ha iniziato molto presto, forse troppo». Non è un caso che in questi giorni di scontri e tensioni, Weber sia rimasto silente e dietro le quinte.

Il compromesso possibile sulle deleghe di Ribera e Fitto

Le trattative in Parlamento proseguono senza sosta ma la sensazione è che bisognerà attendere almeno l’inizio della prossima settimana per una soluzione. Gli scenari al momento sono tre.

Il primo, più gradito alla von der Leyen ma forse il meno probabile, è che tutto si risolva in una bolla di sapone e il pacchetto venga approvato senza modifiche, né dei nomi né delle deleghe. Richiederebbe che il Ppe, con un appello al senso di responsabilità, facesse rientrare le pretese della componente spagnola contro la Ribera. Ciò permetterebbe ai socialisti di accantonare quella di togliere la vicepresidenza a Fitto. La strada per il voto su tutto l’esecutivo il 27 novembre sarebbe spianata e la nuova Commissione entrerebbe in carica il 1° dicembre come previsto. Al punto a cui è giunto lo scontro sembra una soluzione molto difficile, ma in politica tutto è possibile.

Il secondo, di segno completamente opposto, è che le posizioni si irrigidiscano ulteriormente, prendendo atto che la maggioranza che ha votato Ursula a luglio oggi non c’è più e si deve ripartire daccapo. Un’alleanza esplicita del Ppe con le destre europee sarebbe la logica conseguenza, ma non è detto che questa ipotesi sia accettabile per i popolari tedeschi alla vigilia delle elezioni anticipate in Germania dove si guarda ad una grande coalizione tra i popolari di Cdu-Csu e i socialisti di Spd per arginare l’avanzata dell’estrema destra. Inoltre prima di avere la nuova Commissione passerebbero mesi. A gennaio, quando sarà in carica la nuova amministrazione Trump negli Stati Uniti, l’Europa non avrebbe un soggetto in grado di trattare su materie caldissime come i dazi: un invito a nozze per il governo americano che a quel punto potrebbe avviare trattative separate con ogni Stato membro da posizioni negoziali ancora più forti.

Fonte: Il Sole 24 Ore