Stasera contro Israele nuovo test per l’Italia. Pogacar sfida anche i giganti del passato

Tadej, il dittatore burlone

Con il Giro di Lombardia, vinto come se fosse una gita da Tadej Pogacar, è finita questa stagione ciclistica. Una stagione talmente dominata dal campione sloveno che diventa difficile – davanti alla sua straripante superiorità – riuscire a inquadrarlo e anche a fare dei confronti credibili con i grandi assi del passato. Si passa da Fausto Coppi e Eddy Merckx – le due leggende del ciclismo – con la sensazione che questo sfrontato ragazzino (ha 26 anni, ma sembra appena uscito dal liceo) stia divorando non solo i loro record ma anche la loro stessa immagine, la loro stessa grandezza, la loro stessa, lasciatecelo dire, sacralità.

Sabato scorso, dopo aver firmato il suo quarto Lombardia consecutivo, era inevitabile far riferimento a Fausto Coppi che tra il 1946 e il 1949, aveva fatto poker come Tadej riuscendo poi a centrare la cinquina nel 1954. Un paragone illustre, perchè Coppi è sempre Coppi, ma che non fotografa nel modo adeguato la facilità con cui Pogacar ha incenerito gli avversari. Una superiorità irridente, quasi che gli altri concorrenti – perfino Remco Evenepoel, l’uomo che nell’ultimo mese ha conquistato 2 ori olimpici e quello mondiale a cronometro – fossero di un’altra categoria, un gruppo di buoni corridori già ampiamente rassegnati a far da tappezzeria.

Pogacar infatti ha preso il largo nel punto dove tutti sapevano che avrebbe accelerato, cioè a circa 6 chilometri e mezzo dalla vetta della Colma di Sormano. In quel punto, come da copione, lo sloveno è scattato facendo il vuoto e dando inizio al suo solito formidabile show concluso al traguardo di Como sollevando la bicicletta al cielo davanti ai tifosi entusiasti. Il gesto tipico del cacciatore che esibisce la preda. O di Maciste che solleva un macigno. Guardatemi, eccomi qua, l’ho detto che avrei vinto: e l’ho fatto. Il tutto con il suo solito sorriso da simpatica canaglia che ne ha combinata un’altra delle sue.

Come si può voler male a un campione così? Che vince, stravince e dà anche spettacolo? Al secondo classificato, il povero Evenepoel, Tadej ha rifilato 3 minuti e 16”. Al terzo, il nostro Giulio Ciccone, questa volta finalmente sul podio, quasi cinque. Un massacro, come al Campionato del Mondo, dove Pogacar era andato in fuga a 100 km dal traguardo, o alle Strade Bianche (ottanta).

Appena uscito dal parrucchiere

Coppi resta un campione sublime, inutile ricordare i suoi exploit. Ma alla fine di ogni impresa era stanco, stravolto, con gli occhi da cerbiatto persi nel vuoto. Quando trionfa Pogacar sembra invece appena uscito dal parrucchiere: fresco, col ciuffo a posto, tutto allegro e profumato. Pronto a raccontare che ha voglia di andare in vacanza per giocare a padel. Come se fosse al parco dei divertimenti quest’anno Tadej ha vinto Giro, Tour, Mondiale e due classiche monumento (Liegi e Lombardia). Neanche Merckx, che è stato un tiranno totale (525 corse), teneva banco con questa facilità. Con questa leggerezza. Il Cannibale doveva stare in guardia, tener d’occhio quel diavolo di Gimondi, sempre pronto ad approfittare di una sua distrazione, di un momento di stanchezza. Il grande Eddy dominava, certo, ma si vedeva quanto sforzo facesse, quanto dietro ai suoi exploit ci fosse una sovrumana fatica.

Fonte: Il Sole 24 Ore