Straniere in Italia, la scelta di fare meno figli e in età sempre più tarda

Straniere in Italia, la scelta di fare meno figli e in età sempre più tarda

Per anni sono state le uniche a tenere alta l’asticella della natalità in un Paese ormai allo stallo. È alla donne straniere che si guardava infatti per arginare “l’inverno demografico” che da decenni fa sì che in Italia ogni anno muoiono più persone di quante ne nascono. Se si fa riferimento agli ultimi vent’anni, tra il 2002 e il 2022, mentre le nascite dei bambini italiani scendevano da 505mila a 340mila, quelli stranieri salivano da 34mila a 53mila, anche se non con un trend continuo al rialzo, come si legge nel rapporto annuale 2023 della Fondazione Ismu. Nonostante questo il tasso di fertilità è sceso in ragione del maggior numero di donne straniere presenti nel nostro Paese, passate da 675.751 del 2002 a 2.577.532 del 2023. Eppure qualcosa è cambiato anche per le donne straniere.

Il calo delle nascite

Esattamente come le italiane, anche loro hanno iniziato a diventare mamma più tardi e con meno frequenza rispetto al passato. E se all’inizio la causa è stata attribuita a ragioni contingenti, oggi i dati confermano un trend che va consolidandosi, tanto che i tassi di natalità della popolazione straniera vanno progressivamente allineandosi verso il basso a quelli italiani.

Come rivelano gli ultimi dati pubblicati da Ismu, dalle 102mila donne straniere diventate o ridiventate mamme nel 2012 si è scesi costantemente ogni anno fino alle 73mila del 2022. In pratica le nascite da madri straniere sono diminuite del 27,8% nell’ultimo decennio, così come il tasso di fecondità totale che è passato da 2,8 nel 2002 a 2,2 nel 2012, e a 1,9 nel 2022. Anche l’età media del primo parto si sta avvicinando a quella delle mamme italiane. Se infatti nel 2012 l’età media per le italiane era di 31,5 anni e per le straniere di 27,7, nel 2022 – secondo il ministero della Salute – le madri straniere avevano 29,2 anni contro i 32,2 delle italiane.

Le motivazioni del calo

A ridurre progressivamente il contributo delle cittadine straniere alla natalità è un complesso insieme di ragioni. Nel caso di persone in fuga dalla guerra o da altre condizioni difficili, le ripercussioni psicologiche e fisiche della migrazione, insieme alle difficoltà materiali che si affrontano una volta arrivate in Italia, condizionano inevitabilmente la possibilità di costruire una famiglia. Ma a pesare sulla scelta di (non) diventare madre delle donne straniere presenti in Italia è anche il fatto che, soprattutto quelle provenienti da Paesi dell’Unione europea, hanno tassi di occupazione persino più elevati delle italiane e per la maggior parte (il 33,6%) sono impegnate a tempo pieno in lavori gravosi, con ritmi molto sostenuti come le attività in ambito domestico in qualità di colf o badanti.

Le difficoltà

Secondo gli ultimi dati disponibili (2018) della Fondazione Ismu, su 1,9 milioni di madri straniere presenti in Italia, 1,5 milioni vive qui con i f i gli, 130mila li ha già indipendenti, mentre circa 270mila li ha lasciati nelle nazioni d’origine. Sono loro a soffrire della cosiddetta “sindrome Italia”: il termine medico usato per indicare un insieme di sintomi come depressione, ansia, attacchi di panico, insonnia, stress e tendenza al suicidio osservato per la prima volta nel 2005 da due psichiatri ucraini su molte donne che rientravano in patria dopo lunghi periodi trascorsi nel nostro Paese come badanti. Un dramma a cui si aggiunge quello dei figli lasciati soli in patria, gli “orfani bianchi”: quelli che una madre ce l’avrebbero ma non la vedono mai.

Fonte: Il Sole 24 Ore