Sul fine vita è scontro: il Senato parte piano

Sul fine vita è scontro: il Senato parte piano

Il fine vita fatica a trovare regole nazionali, nonostante le pronunce e le sollecitazioni della Corte costituzionale. È stato infatti avviato un mese fa dalle commissioni riunite Giustizia e Sanità del Senato l’esame delle cinque proposte di legge presentate in materia ma il percorso non pare breve e neppure scontato, viste le divergenze di fondo tra i quattro testi proposti dalle forze dell’opposizione e il quinto depositato da un partito di maggioranza, Forza Italia.

A muoversi sono invece le Regioni: molte stanno cercando di regolare il fine vita.

Decisione-tampone della Corte costituzionale

In questo quadro, il punto fermo sono le pronunce della Corte costituzionale. Con l’ordinanza 207 del 2018 e poi con la sentenza 242 del 2019, esprimendosi sul caso che ha coinvolto Fabiano Antoniani (Dj Fabo) e Marco Cappato, la Consulta ha dichiarato non punibile l’aiuto al suicidio se riguarda un proposito, formato autonomamente e liberamente, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, ma capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Una decisione presa per tamponare l’assenza di una legge sul fine vita. Tanto che la stessa Corte ha più volte sollecitato il Parlamento a intervenire: il 18 marzo, è tornato sul tema il Presidente della Consulta, Augusto Barbera. Peraltro, la Corte ha già in calendario, per il 19 giugno, l’esame di una nuova questione di costituzionalità, incentrata sul requisito del «sostegno vitale».

Il Parlamento ha provato a legiferare nella scorsa legislatura, con una proposta di legge approvata in prima lettura alla Camera, ma non arrivata al traguardo. Delle cinque proposte ora all’esame delle commissioni riunite del Senato, quella che ha come primo firmatario Alfredo Bazoli (Pd) riproduce quel testo, «figlio di un lunghissimo confronto e che tiene conto di tanti punti di vista», osserva Bazoli: «Dopo la sentenza della Consulta – prosegue – l’aiuto al suicidio è già legale. Ci sono persone che lo chiedono e dopo un iter tortuoso riescono a ottenerlo. Ma, in assenza di indicazioni concrete, aziende sanitarie e ospedali non sanno come comportarsi. Siamo di fronte a un’applicazione a macchia di leopardo, che è intollerabile e pregiudica i diritti e la libertà di tutti».

Fonte: Il Sole 24 Ore