Sul tavolo l’ipotesi di allungare i tempi del Recovery

Sul tavolo l’ipotesi di allungare i tempi del Recovery

La corsa dei prezzi che si è scatenata in Europa dall’inizio dell’anno ha cambiato in modo radicale il contesto economico complessivo in cui era stato concepito il Recovery Fund. Gli investimenti previsti dai piani nazionali (Pnrr) sono diventati molto più costosi di quanto programmato inizialmente e più difficili da realizzare, anche a causa della rottura delle catene di approvvigionamento, della carenza di materie prime e dell’aumento dei costi per l’energia. Inoltre, la concentrazione in così poco tempo (entro il 2026) di investimenti così ingenti rischia di amplificare la spinta inflazionistica. Con queste argomentazioni il Portogallo nelle scorse settimane ha chiesto alla Commissione europea un «aggiustamento dell’RRF all’attuale contesto economico».

La richiesta è contenuta nella lettera che il governo di António Costa ha inviato a Bruxelles per indicare quelle che ritiene debbano essere le priorità nel programma di lavoro della Commissione nel 2023. La rimodulazione del Recovery è quasi in cima alla lista, dopo la riforma del Patto di Stabilità e l’interconnessione delle reti energetiche.

Va precisata subito una cosa: Lisbona non chiede di modificare i tempi delle riforme, milestones e target, ma solo di rendere flessibile la scadenza per la realizzazione della spesa, andando oltre il 2026.

«Senza modificare la tabella di marcia fissata per le riforme previste nei Piani di ripresa e resilienza nazionali (Pnrr), né le milestones o gli obiettivi – si legge nel documento portoghese – il calendario per l’attuazione degli investimenti dovrebbe essere reso più flessibile, sia per quanto riguarda i ritmi di attuazione che per le relative scadenze per il completamento. Questo comporta implicitamente che gli investimenti finanziati dal Recovery (non le riforme) possano finire dopo il 2026». Secondo il governo portoghese, si tratta di una modifica «resa necessaria dalle nuove circostanze economiche, che non potevano essere prevedibili al momento dell’approvazione del Recovery».

Il tema è emerso per la prima volta pubblicamente a Praga, il 9 settembre scorso, in occasione del Consiglio Ecofin. A parlarne con i giornalisti era stato il ministro delle Finanze, Fernando Medina e, sempre in quella occasione, il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, aveva definito la proposta «molto interessante». Ma poi era calata la sordina e nella conferenza stampa finale il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe si era limitato a sottolineare la necessità di evitare che la spesa pubblica, per quanto necessaria, finisca per alimentare l’inflazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore