Svolta alla Cop26: Usa e Cina si impegnano a lavorare insieme sul clima

Il documento esorta i Paesi sviluppati a «incrementare urgentemente» il sostegno finanziario a quelli in via di sviluppo per rispondere alle loro esigenze di adattamento al climate change. Prima tappa: rispettare la promessa di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno. Lo si doveva fare il 2020, ci si riuscirà forse tra il 2022 e il 2023.

Il fronte delle fossili

Il fuoco di sbarramento è iniziato subito. New Delhi si oppone alla richiesta di accelerare l’addio al carbone e ai sussidi sui combustibili fossili. Lo ha dichiarato il segretario all’Ambiente, Rameshwar Prasad Gupta. L’India pretende poi che siano i Paesi avanzati a finanziare la sua transizione energetica: New Delhi chiede mille miliardi di dollari entro il 2030 solo per sé, per consentirle di investire in energia pulita e rispondere all’impatto del climate change. Il Governo indiano non presenterà un piano climatico aggiornato, fino a quando non vedrà un impegno concreto su quei fondi. Quello attuale risale al 2015.Il Subcontinente è terzo al mondo per emissioni di CO2, ma lamenta che, storicamente, sono i Paesi sviluppati ad avere la maggiore responsabilità per il global warming.

Anche il Brasile chiede di più ai Paesi avanzati sul fronte degli aiuti, come fanno a gran voce le economie a basso reddito: i 100 miliardi di dollari promessi nel 2009 «non sono più sufficienti per consentire al mondo di costruire una nuova economia verde, con una transizione sostenibile», ha detto il ministro per l’Ambiente brasiliano, Joaquim Leite.

Insieme all’India, sui combustibili fossili, frenano prevedibilmente anche l’Opec e l’Arabia Saudita. «La narrativa secondo la quale la transizione energetica significa l’uscita dal petrolio e da altri combustibili fossili per andare verso le rinnovabili è fuorviante», ha detto il segretario generale dell’Opec, il nigeriano Mohammed Barkindo. Mentre il ministro dell’Energia di Riad, il principe Abdulaziz bin Salman Al-Saud, ha invitato ad abbandonare i «pregiudizi verso o contro particolari forme di energia». A Galsgow, l’Arabia Saudita è accusata di ostacolare i negoziati, anche con tattiche ostruzionistiche, che Abdulaziz ha negato.

La risposta europea

Per Berlino, il documento finale della Cop26 dovrebbe chiarire che i principali responsabili delle emissioni devono intensificare i loro sforzi, «in particolare quelli che non hanno fatto abbastanza rispetto ai target 2030», come ha affermato Jochen Flasbarth, segretario di Stato al ministero dell’Ambiente. Sulla stessa linea, il commissario Ue all’Ambiente, Frans Timmermans. Un riferimento diretto, oltre che all’India, a Cina, Russia e Arabia Saudita, i cui impegni sono visti come molto al di sotto del necessario.

Fonte: Il Sole 24 Ore