Tamagnini: «Due miliardi per il nuovo fondo Fsi. Anima? Felici dell’investimento»

Tamagnini: «Due miliardi per il nuovo fondo Fsi. Anima? Felici dell’investimento»

Fsi ha fatto il pieno. Due miliardi di euro di richieste di sottoscrizione per il nuovo fondo che andrà a investire nelle aree critiche dell’innovazione e nella crescita delle imprese in Italia. La domanda degli investitori è stata record (500 milioni sopra le previsioni) e, così, in questi giorni il gruppo fondato da Maurizio Tamagnini sta chiedendo l’autorizzazione per aumentare la dotazione del fondo oltre il limite inizialmente fissato a 1,5 miliardi. È un fatto importante perché gli investimenti precedenti del team di Fsi, circa 3 miliardi su 21 società con 70mila dipendenti, hanno portato risultati finanziari importanti (una crescita media annua dell’Ebitda del 24%) e sociali (+14% i dipendenti). Ora si riparte, con un nuovo fondo. E accanto ai progetti core del gruppo c’è anche un piano, avviato con il Politecnico di Milano, la Bocconi, Ion e la Camera di Commercio di Milano, per raccogliere un miliardo di euro di fondi filantropici e lanciare a regime un migliaio di nuove start up all’anno nel settore tecnologia.

Sono i giorni di Natale, le sale della sede milanese di Fsi, fra Piazza Affari e Piazza Cordusio, sono sfiorate dal traffico delle feste, così come dello scontro che infuria in Borsa per il controllo del Banco Bpm e delle sue partecipate – fra cui Anima, di cui Fsi detiene il 9,7% del capitale –, all’interno, invece, arriva forte un messaggio di fiducia verso l’Italia: il grosso delle richieste di sottoscrizione del nuovo fondo è giunto dall’estero. “Il 2024 è stato un grande anno pe¬r l’Italia, che sta incassando il dividendo della stabilità politica”, spiega Tamagnini, e oltre la metà della nuova “benzina per la crescita con cui Fsi vuole fare correre le imprese italiane”, spiega l’imprenditore, “è arrivata da investitori internazionali. È il “più grande fondo europeo interamente dedicato a un singolo Paese e ha un importante effetto moltiplicatore”, la capacità di coinvolgere coinvestitori nei grandi progetti.

Dove saranno indirizzate le risorse raccolte?

La stima è di investire almeno due terzi della dotazione in due settori, tecnologia e scienza della vita, che sono anche al centro degli investimenti del Pnrr e che sono trainanti sulla produttività del Paese. In particolare, puntiamo sulle tecnologie per la trasformazione digitale. È benzina per la crescita delle imprese e facciamo leva sul digitale, sull’accesso ai servizi di cloud e sull’intelligenza artificiale per aiutare le nostre Pmi ad aumentare la massa. Così come puntiamo a sostenere il settore del fintech, aziende e manager italiani bravissimi che vogliamo aiutare a realizzare una dimensione europea.

Due miliardi sono tanti per provare a ridurre il gap tecnologico con gli Usa ma certo Softbank ha appena annunciato al presidente Trump un piano di investimenti da 100 miliardi di dollari

Fsi è l’unico fondo di private equity italiano presente nel club dei 300 fondi di private equity maggiori al mondo. Abbiamo raccolto capitale in Italia e all’estero da Casse di previdenza fondi pensione, assicurazioni, banche, fondazioni, grandi fondi sovrani e sovranazionali, fra cui il Fondo Europeo degli investimenti, il Fondo Sovrano di Singapore, Temasek, e Kuwait Investment Authority, nostri soci fondatori, e le grandi istituzioni finanziarie europee, oltre 50 investitori. Due miliardi non sono tantissimi ma sono la base su cui andare a investire insieme ai nostri coinvestitori storici, che possono mettere ulteriori risorse. Noi certifichiamo, con il nostro intervento, la validità dei progetti ma abbiamo partner ormai da 15 anni e possiamo stimare un effetto moltiplicatore pari a tre volte i nostri fondi. Certo, è importante creare le condizioni.

Quali?

Noi vogliamo aiutare le nostre aziende medie per il mondo, che sono grandi per l’Italia, a diventare medio grandi per il mondo. Ecco perché mettiamo risorse a disposizione di queste aziende, su un arco temporale anche lungo, per sostenere la loro crescita. E non lo facciamo sottoscrivendo debito ma prevalentemente risorse in aumento di capitale. Gli investitori esteri ci seguono perché mettono denari accanto a coloro che credono per primi nei loro asset. Il resto lo fa un contesto macroeconomico favorevole: il Pil in Italia cresce, benché in modo non esplosivo, l’inflazione è sotto controllo, il tasso di occupazione ai minimi storici e i tassi d’interesse sono in discesa con un miglioramento dell’accesso al credito grazie anche a banche italiane in grandissima salute.

Fonte: Il Sole 24 Ore