Tanti collezionisti e vendite alla seconda Paris+
Il rischio attentati e l’evacuazione di aeroporti e luoghi di cultura a Parigi non hanno allontanato i collezionisti e i professionisti dell’arte dalla seconda edizione di Paris+ (né tantomeno la paura delle cimici da letto, che alla luce degli eventi recenti rappresentano un’inezia). Durante i due giorni di anteprima della fiera, che apre al pubblico dal 20 ottobre fino a domenica 22 ed è organizzata dal gruppo MCH, lo stesso che organizza Art Basel, si respirava un’atmosfera molto lontana da quella della drammatica crisi politica e umanitaria del Medioriente. Le vendite ci sono state e il commento generale dei galleristi era “considerate le condizioni attuali, è andata bene”, anche se è stato notato come rimanga, attualmente, un buyer’s market, cioè un mercato in cui sono i compratori a dettare le condizioni. Erano presenti le istituzioni francesi, così come collezionisti privati internazionali, provenienti da Europa, Usa, Cina e Corea.
La performance del mercato
“A conclusione della prima giornata sono molto soddisfatto” ha commentato Vincenzo de Bellis, Director of Fairs and Exhibition Platforms di Art Basel. “Considerata la flessione del mercato dell’arte dall’inizio dell’anno, questi risultati eccezionali rapresentano un segno molto rassicurante per le nostre gallerie. Alcune hanno raddoppiato le vendite rispetto all’anno scorso, puntando su un’offerta diversa.”In effetti, le grandi gallerie di contemporaneo hanno preferito indirizzarsi sul mercato primario anziché secondario (ricordiamo che l’anno scorso Hauser & Wirth aveva portato una “Fine di Dio” di Fontana e Zwirner opere di Joan Mitchell e Josef e Anni Albers in occasione delle loro mostre nei musei parigini). Quest’anno Zwirner ha realizzato il primo giorno una delle transazioni più care della fiera, vale a dire 6 milioni di $, con un dipinto di Kerry James Marshall della serie “Black and part Black Birds in America: (Crow, Goldfinch)”, iniziata nel 2020, e ha ceduto altri due dipinti di Marlene Dumas e Alice Neel a 3 milioni di $ ciascuno.
Hauser & Wirth, che proprio in questi giorni ha inaugurato la nuova galleria nella capitale francese con una mostra di ritratti e sculture dell’afroamericano Henry Taylor, ha registrato il sold out dello stand il primo giorno con opere di artisti come George Condo (“Female Portrait Composition” del 2023 a 2,350 milioni di $) e Mark Bradford (The Nature of Space del 2023 a 1,8 milioni di $).
Ma anche per le altre gallerie è andata bene, in alcuni casi anche grazie alla copiosa presenza di artiste, che sono quelle che in questo momento il mercato richiede. Pensiamo allo stand di Sprüth Magers con Jenny Holzer, Barbara Kruger (l’anno prossimo avrà una grande mostra alla Serpentine), Anne Imhof, Rosemarie Trockel, fino alla giovane pittrice di base a Parigi Henni Alftan, oppure a Raffaella Cortese con un focus sull’autoritratto e l’indagine del sé con opere di Kiki Smith, Roni Horn, Kimsooja, Zoe Leonard, o ancora a Kaufmann Repetto con Andrea Bowers, Simone Fattal, Anthea Hamilton e Katherine Bradford.
“Tutti parlano di mercato in flessione” ha commentato l’analista Clare McAndrew, che ogni anno produce un report per Art Basel e Ubs, “ma la realtà non è così negativa; i risultati sono misti. È vero che il mercato è più esigente e cauto. Nel 2021 abbiamo assistito da un’urgenza di tornare a comperare, ora i collezionisti vanno sul sicuro perché non sanno che cosa accadrà”. Se c’è qualche debolezza, forse è nella fascia alta, come dimostrano i risultati misti di Christie’s e Sotheby’s. Ma le analisi tendono ad escludere Bonhams – fa notare McAndrew – che, invece, ha registrato ottime performance (infatti gioca ad un livello di prezzo più basso) e ha un forte network di case d’aste, dopo aver acquisito quattro concorrenti in poco tempo. “Le persone tendono a tirare le conclusioni dopo la prima parte dell’anno” aggiunge McAndrew, “ma il grosso dei risultati arriva nella seconda parte dell’anno”.
In attesa del Grand Palais
L’eccitazione della prima edizione di Paris+, quindi, non è svanita, anzi. Nonostante le diffuse critiche agli spazi e ai servizi della struttura fieristica, soprattutto, per quanto riguarda le lunghissime code all’area vip e ai punti di ristorazione, non all’altezza della città più elegante al mondo, i visitatori sono rimasti entusiasti dell’elevata qualità dell’offerta artistica. Nel 2024, anno delle Olimpiadi a Parigi, con la tanto attesa riapertura del Grand Palais in tutta la sua grandiosità saranno superati anche questi limiti logistici e, secondo alcuni, Paris+ rischierà di fagocitare la fiera madre di Basilea. Certamente sta fagocitando Londra e, anche tra i collezionisti italiani, in molti hanno disertato la fiera inglese Frieze per essere, invece, presenti a quella francese. C’è anche il rischio che l’anno prossimo, potendo accogliere un numero molto superiore di gallerie nelle sale del Grand Palais, assorba anche alcune delle gallerie che ora partecipano a Paris Internationale, la fiera per le gallerie di ricerca organizzata da Ciaccia Levi, Gregor Staiger e Crèvecoeur, che ogni anno occupa temporaneamente un palazzo in fase di ristrutturazione. Ma i prezzi dello stand qui rimangono comunque più convenienti, arrivando ad un massimo di circa 15.000 €.
Intanto anche altri player si sono spostati in città: oltre alle già esistenti fiere regionali Asia Now e AKAA, dedicate rispettivamente all’arte contemporanea asiatica e africana, quest’anno si tiene la prima edizione parigina Design Miami/, che porta il design da collezione in un contesto di grande eleganza, insieme a Thema, dedicata al design sostenibile. D’altro canto, come diceva Nietzsche, “Come artista, un uomo non ha altra patria in Europa che Parigi”.
Fonte: Il Sole 24 Ore