Telefonata Rubio-Tajani. Focus sui dazi: potenziale rischio per 7 miliardi di aggravio

Telefonata Rubio-Tajani. Focus sui dazi: potenziale rischio per 7 miliardi di aggravio

Sicurezza euro-atlantica, Ucraina, Medio Oriente sono stati i temi del colloquio telefonico di domenica sera tra il nuovo Segretario di Stato Usa, Marco Rubio, e il ministro degli esteri, Antonio Tajani: si è trattato del primo contatto bilaterale tra il nuovo capo della diplomazia Usa e un ministro degli esteri europeo. Il tema tuttavia forse più delicato e importante del momento dal punto di vista economico è quello relativo ai dazi commerciali che l’amministrazione Trump ha minacciato e in larga parte annunciato. La questione è certamente di competenza della Ue – e se infatti ne parlerà al consiglio dei ministri a Bruxelles lunedì 27 gennaio – ma Tajani e Rubio lo hanno affrontato, visto che per l’Italia secondo le stime di aggravio dei “balzelli” che stanno circolando in ambienti di governo arrivano a superare i sette miliardi.

Forte avanzo commerciale dell’Italia verso Usa

La questione è davvero centrale in questa fase di avvio dell’amministrazione, e l’Italia – si nota in ambienti governativi – vuole anche giocare d’anticipo. Ad eccezione del solo 2020 (anno in cui la contrazione degli scambi è perlopiù attribuibile alle conseguenze economiche della pandemia da COVID-19), nell’ultimo decennio (2014 – 2023) il commercio tra Roma e Washington si è caratterizzato per una crescita dell’export del nostro Paese verso il mercato statunitense, che nello scorso anno ha raggiunto livelli pari a 67,3 miliardi di euro, crescendo del 3,4% rispetto all’anno precedente. Allo stesso modo, crescono le importazioni dagli Stati Uniti verso l’Italia, che lo scorso anno hanno raggiunto quasi 25,2 miliardi di euro, in aumento dell’1,1% rispetto al 2022 e di quasi il 59,5% rispetto al 2021. Insomma, con più del doppio delle esportazioni italiane negli Stati Uniti rispetto alle importazioni statunitensi l’Italia ha forte avanzo commerciale.

Italia paese più colpito da procedimenti anti-dumping

Un rapporto che non è sempre lineare: con 14 procedimenti anti-dumping e 4 anti-sovvenzioni, l’Italia è risulta essere il paese più colpito dalle indagini (e dalle misure di difesa commerciale) statunitensi tra gli Stati membri UE, seconda solo al Giappone tra i Paesi G7. I procedimenti che colpiscono il nostro Paese rappresentano più di un quarto del totale dei Paesi UE. Seguono la Spagna e la Germania tra i Paesi più colpiti nell’Unione assieme all’Italia. I dazi che colpiscono la produzione italiana riguardano soprattutto i settori dell’acciaio, dell’alluminio e dei materassi, nonché il settore agroalimentare (pasta). Alcune delle misure commerciali statunitensi sono in vigore dagli anni ’80 e ‘90 del secolo scorso (tra cui alcuni prodotti dell’acciaio e della pasta), e continuano ad essere oggetto di revisioni amministrative.

Colpiti meccanica, sistema moda e agroalimentare

Secondo recenti simulazioni di Prometeia, i costi aggiuntivi dei nuovi dazi dell’era Trump per l’Italia andrebbero da oltre 4 a oltre 7 miliardi di dollari. La nuova stretta andrebbe sommata ai quasi 2 miliardi di dazi consolidati in ambito OMC ed applicati, in chiave erga omnes, nel 2023 e peserebbe su settori di punta dell’export, a partire dalla meccanica, dal sistema moda e dall’agroalimentare. L’analisi di Prometeia prende in considerazione due possibili scenari. La prima ipotesi immagina un aumento unilaterale di Washington – basato verosimilmente sul principio della sicurezza nazionale, già applicato nel 2018 da Trump su acciaio e alluminio e poi sospeso da Biden nei confronti dell’UE – di 10 punti solo sui prodotti che già sono sottoposti a dazi OMC e stima un costo aggiuntivo di oltre 4 miliardi. La seconda ipotesi simula invece un aumento generalizzato di dazi su tutte le linee tariffarie dell’interscambio di 10 punti, il cui costo aggiuntivo supererebbe, appunto, i 7 miliardi.

Commissione Ue: impatto di 54 miliardi per l’export

Secondo queste proiezioni sarebbero colpiti anche i beni a media e alta intensità tecnologica, per esempio nella meccanica e nella farmaceutica, oggi meno esposti alle tariffe perché funzionali alle produzioni domestiche americane. Un aumento limitato ai prodotti già esposti a tariffe, invece, peserebbe di più su moda e cibo.

Fonte: Il Sole 24 Ore