“The Brutalist”, grande forza audiovisiva e ritmo per un film straordinario

Una visione impossibile da dimenticare: in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia è stato presentato “The Brutalist”, uno di quei film che non possono lasciare indifferenti e di cui si discuterà a lungo al Lido anche nei prossimi giorni.

Dietro la macchina da presa c’è Brady Corbet, attore di talento – lo ricordiamo ad esempio in “Mysterious Skin” di Gregg Araki e in “Funny Games” di Michael Haneke – che nel 2015 passò alla regia con “L’infanzia di un capo”, dimostrando già abilità e ambizione e ottenendo proprio a Venezia il Premio De Laurentiis per la miglior opera prima e la miglior regia nella sezione Orizzonti. Nel 2018 è arrivato in concorso con la sua opera seconda “Vox Lux”, un lungometraggio discontinuo con protagonista Natalie Portman nei panni di una rockstar.

“The Brutalist” è il film che fa raggiungere al suo autore la piena maturità: al centro la storia dell’architetto ebreo László Tóth, emigrato dall’Ungheria negli Stati Uniti nel 1947. Costretto dapprima a lavorare duramente e vivere in povertà, ottiene presto un contratto che cambierà il corso della sua vita.

Scritto da Corbet insieme alla compagna Mona Fastvold (regista del riuscito “Il mondo che verrà” del 2020), “The Brutalist” è un prodotto che ha avuto una lunga lavorazione, come ha raccontato il suo autore: «quasi un decennio passato a cercare di far partire questo progetto, vorrei invece cogliere qui l’occasione per ringraziare tutti e ciascuno dei collaboratori che hanno reso possibile il “film impossibile”».

Girato e proiettato a Venezia in pellicola 70mm, “The Brutalist” è un’esperienza di enorme fascino anche per come è il film strutturato: dopo una ouverture, ci sono due atti divisi da un intervallo di 15 minuti che portano il pubblico a vivere una proiezione d’altri tempi, richiamando grandi film del passato e con una logica che può ricordare il cinema di Quentin Tarantino e Paul Thomas Anderson.

Fonte: Il Sole 24 Ore