tra IA, costi e iniziative ESG
Da una parte la necessità di affrontare le sfide legate all’adozione strategica dell’intelligenza artificiale e al varo di iniziative ESG, dall’altra la necessità di fare i conti con pressioni a breve termine imposte dal perdurante stato di incertezza economico globale (e relative preoccupazioni sui costi) e dalla persistente mancanza di efficienza. Da una parte le ambizioni dei responsabili degli acquisti e dall’altra la loro effettiva capacità di tradurle in azioni concrete.
Nel quarto rapporto annuale “State of Procurement” stilato da Amazon Business (che ha messo sotto osservazione circa 3.500 fra decision maker e senior leader di aziende attive in Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti), emerge dunque un evidente disallineamento: le imprese, e in modo particolare i team degli uffici acquisti, dovranno cioè riservare molta attenzione a problematiche di ordine quotidiano a scapito dell’accelerazione del processo di innovazione e delle progettualità legate alla creazione e alla generazione di valore strategico a lungo termine. Una situazione complessa, insomma, che i responsabili del procurement sono chiamati a gestire sebbene il budget dedicato agli approvvigionamenti sia destinato ad aumentare nel corso del 2025.
Lo scenario italiano
Alcuni indicatori raccolti nello studio spiegano bene lo scenario sopra descritto per quanto riguarda la situazione italiana. L’aumento dei costi di procurement, per esempio, è una delle voci cerchiate in rosso per il 34% dei rispondenti, che evidenziano come l’incremento dei prezzi di beni e servizi rischi di ostacolare seriamente l’utilizzo efficace di disponibilità di spesa più ampie. Il rapporto di Amazon Business prevede in tal senso un moderato incremento dei budget destinati agli approvvigionamenti e ci dice in particolare come il 54% dei decision-maker delle aziende tricolori si aspetti per il nuovo anno una capacità di investimento superiore a quella del 2024, nonostante vi sia ancora una generalizzata cautela circa la situazione economica corrente (secondo l’ultimo report ISTAT, il Pil italiano crescerà solo dello 0,8% nel 2025).
La propensione a concentrarsi su decisioni strategiche di alto valore, come l’utilizzo di strumenti di analisi e reportistica per monitorare le performance e individuare le tendenze, manifestata negli ultimi dodici mesi e nel recente passato sembra non essere più così forte. L’incremento nell’adozione di nuove tecnologie a supporto dei processi di acquisto si limita infatti al 2% rispetto al 2024 e questo in considerazione del fatto che l’attenzione è sostanzialmente rivolta alla gestione delle operatività quotidiane, con il 47% dei Chief Procurement Officer che indica l’efficienza e la complessità delle procedure come le sfide principali e il 62% che considera la complessità dei sistemi e dei processi interni una barriera importante.
Tecnologia per alleviare la pressione sui costi
Molto indicativa, inoltre, è anche la percentuale (pari al 93%) che fotografa la presenza di piani per futuri investimenti in soluzioni e strumenti di intelligenza artificiale. Il focus principale dei responsabili acquisti è però quello di impiegare la tecnologia per alleviare la pressione sui costi, implementandola per gestire mansioni come l’analisi della spesa (lo dice il 38% dei manager intervistati) o per scopi più strategici come l’analisi predittiva (il 23%). Tali risultati, si legge nella nota che accompagna lo studio, suggeriscono che, pur riconoscendone il grande potenziale, l’AI non viene ancora sfruttata pienamente, motivando di conseguenza la discreta fetta di CPO (il 38% per la precisione) che desidera approfondire le potenzialità di algoritmi e strumenti generativi per ottenere analisi dei dati più dettagliate in futuro.
Fonte: Il Sole 24 Ore