tra marketing e malinconia, il fenomeno globale del giorno più triste
Oggi, 20 gennaio 2025, ricorre per la ventesima volta il Blue Monday, noto come “il giorno più triste dell’anno”. Cade ogni terzo lunedì di gennaio e, secondo una teoria largamente diffusa, rappresenterebbe un picco di malinconia collettiva causato dalla combinazione del ritorno alla routine dopo le festività natalizie, delle condizioni meteorologiche invernali e della percezione di lontananza dalle prossime vacanze.
Le origini: tra scienza e trovata pubblicitaria
Il concetto di Blue Monday viene storicamente attribuito a Cliff Arnall, psicologo e docente presso l’Università di Cardiff, che nel 2005 lo citò in un articolo pubblicato su The Guardian. Arnall formulò un’equazione pseudo-scientifica che avrebbe dimostrato come una serie di fattori – tra cui il calo motivazionale, il debito accumulato durante le feste e il clima – convergessero per rendere il terzo lunedì di gennaio il giorno più deprimente dell’anno.
Tuttavia, come spiega Alessandro Bono, esperto di comunicazione del gruppo Purple & Noise, la genesi del Blue Monday è ben diversa. “In realtà – chiarisce Bono – il Blue Monday nasce dall’ estro di un collega Pr che vent’anni or sono lo creò in un comunicato stampa veicolato a diverse testate che a loro volta lo pubblicarono. Il tutto allo scopo di supportare le vendite di un cliente, un network di viaggi, e stimolare i consumatori a concedersi, come antidoto alla depressione, indovina? Una bella vacanza”
Quella che nacque come una geniale strategia di marketing, quindi, si è trasformata nel tempo in un fenomeno culturale globale, capace di influenzare l’umore collettivo e persino il linguaggio dei media.
Perché “blue”? Un colore, un’emozione
Il termine “blue” non è casuale: nella cultura anglosassone, il colore blu è spesso associato alla tristezza e alla malinconia. Espressioni come feeling blue (sentirsi giù) riflettono questa connessione linguistica ed emotiva. L’uso del blu per descrivere stati d’animo negativi è radicato da secoli e trova eco anche nella musica jazz e blues, che spesso veicola emozioni malinconiche.
Fonte: Il Sole 24 Ore