Trasporti internazionali, lo spedizioniere attesta l’incarico diretto al vettore

Trasporti internazionali, lo spedizioniere attesta l’incarico diretto al vettore

Trasporti internazionali sempre al centro dell’attenzione. Diversi interventi di prassi hanno infatti delineato l’effettiva portata della modifica dell’articolo 9 del Dpr 633/72. La modifica – che, ricordiamo, ha effetto dalle operazioni eseguite dal 1° gennaio 2022 – restringe l’ambito della non imponibilità Iva alle sole prestazioni di trasporto relative a beni in esportazione, transito, importazione temporanea o definitiva (se il corrispettivo del servizio, in tal caso, è incluso nella base imponibile in dogana) che siano rese all’esportatore, al titolare del regime di transito, all’importatore, al destinatario dei beni o al prestatore dei servizi di cui al n. 4 dello stesso articolo 9.

Oltre alla circolare 5/E/2022, che ha fornito le prime indicazioni sulle novità della disciplina, si segnalano alcune risposte a interpello. Ultima in ordine di tempo e particolarmente significativa è la risposta 392 del 26 luglio scorso.

Il nodo dell’applicazione a catena

La norma prevede ora – in linea con le conclusioni della corte di Giustizia Ue (sentenza C-288/16) – che l’esenzione (nella terminologia comunitaria) spetta solo alle prestazioni fornite “direttamente” ai soggetti sopra individuati. La non imponibilità è invece esclusa per gli eventuali sub-rapporti posti in essere dal vettore principale, compreso il caso dei consorzi e delle cooperative che affidano, in tutto o in parte, il trasporto ai consorziati/soci. I sub-vettori, pertanto, ove si tratti di soggetti nazionali, devono fatturare la prestazione al vettore/appaltante con applicazione dell’imposta.

Secondo la citata risposta 392/22, ciò vale anche qualora il soggetto che affida in tutto o in parte il trasporto sia uno spedizioniere/operatore doganale, ossia uno dei soggetti ai quali il nuovo comma 3, articolo 9, del Dpr 633/72 (letteralmente) consentirebbe di ricevere fatture non imponibili. E questo perché, nella fattispecie esaminata, tale operatore in realtà non agisce in veste di spedizioniere, bensì quale soggetto che, a sua volta, ha ricevuto l’incarico da un altro spedizioniere che (egli sì) è in diretto contatto con l’esportatore.

La soluzione adottata appare concettualmente corretta, mirando a evitare – come sostiene la risposta dell’Agenzia – che trovi spazio un’applicazione “a catena” del regime di non imponibilità: proprio l’effetto che la sentenza C-288/16 e la conseguente modifica dell’articolo 9 puntano a evitare.

Fonte: Il Sole 24 Ore