Trasporto pubblico locale, ecco le ragioni dello sciopero e perchè c’è da attendersi un bis a settembre

Il rinnovo del contratto nazionale del trasporto pubblico locale che interessa oltre 100mila autoferrotranvieri, scaduto alla fine del 2023, è la ragione dello stop di 4 ore di bus, metro e tram indetto da Filt Cgil, Fit Cisl, Faisa Cisal, Ugl Autoferro. Ma la conflittualità rischia di non fermarsi qui, perché i sindacati sono pronti a tornare a scioperare in autunno, dopo la tregua estiva prevista per legge (il cosiddetto periodo di “franchigia”) per fare il pressing sul governo affinché con la prossima legge di Bilancio vengano reperite le risorse necessarie per coprire una parte dei costi del contratto.

Il nodo risorse: tagli per 2 miliardi al Fondo di settore che finanzia il contratto

Una parte consistente del contrato è finanziato con gli incrementi del Fondo nazionale dei trasporti che è stato ridotto negli ultimi vent’anni di 2 miliardi circa, passando da 7 miliardi del 2004 a poco più di 5 miliardi.

Il Fondo dovrebbe finanziare il 65% dei costi mentre il 35% dovrebbe essere coperto da entrate tariffarie, che nella gran parte dei casi però sono ampiamente inferiori. Con l’andamento dell’inflazione degli utlimi anni si stima una mancanza di almeno 700 milioni di euro per recuperare l’aumento dei prezzi al consumo.

Settore conflittuale per vertenze locali e nazionali

Il settore è caratterizzato da una grande conflittualità e dalla polvberizzazione di sigle sindacali. Quindi gli utenti devono fare i conti con ripetuti scioperi legati e vertenze locali o nazionali. Ad esempio, una buona parte degli scioperi finora sono stati proclamati dai sindacati autonomi e dai sindacati di base per ottenere un posto al tavolo contratuale.

L’ultima relazione della commissione di gaqranzia sugli ecioperi evidenziava un «incremento significativo» di agitazioni nel Trasporto pubblico locale con 245 scioperi effettuati nel 2023, contro i 193 dell’anno precedente, di cui 17 a livello nazionale. I garanti sottolineavano come «i dati disaggregati confermano che si tratta di conflitti prevalentemente locali, non legati alle scadenze dei rinnovi contrattuali».

Fonte: Il Sole 24 Ore