Traversara devastata da acqua e incuria «In due estati non hanno fatto nulla»

Qui è crollato un muro alto più delle case che aveva intorno e ha riversato la violenza della piena su chi stava sotto, distruggendo tutto quello che trovava. L’esercito non è ancora arrivato. In tanti girano per le strade disastrate ed è la Protezione civile a fermare, chiedere, identificare chi c’è in giro. Wainer Savini risale con un collega verso, l’argine, la bocca del drago. I camion scaricano enormi massi di pietra per tentare di ripristinare con delle grandi scavatrici quello che non c’è più. Ci vorranno settimane per chiudere e proteggere ancora una volta il corso del Lamone. Quando si sale sul ponte si può vedere tutta la devastazione di Traversara. Ma la cosa che stupisce di più è quello che c’è sotto al ponte.

Infiniti cumuli di legna, sia leggera che di tronchi pesanti, galleggiano in quella che ormai è diventata una melma inerme. «È giù all’altro ponte che si è formato il tappo che ha provocato il disastro». La tracimazione ha indebolito le sponde, poi legname abbandonato, le nutrie e l’incuria hanno fatto il resto».

«Certo ci vuole coraggio a rimanere a vivere qui – dice ancora Savini – penso che molti se ne andranno. Questo, che fino ad oggi ospitava sette-ottocento persone – diventerà un paese fantasma». Difficile capire se questo ragionamento di buonsenso poi si trasformerà in realtà. Chi ha tutto qui, farà qualunque cosa per rimanerci. Anche quelle comunità di stranieri immigrati che spalano il fango delle loro abitazioni al piano terra. O le famiglie rumene e quelle asiatiche che puliscono i cortili.

Appena fuori da Traversara anche tante imprese agricole sono state pesantemente colpite. Nella strada di Cagollo è tutta una fila di auto parcheggiate sul limitare dei canali in piena. Sono anche qui i volontari di Villanova e di Bagnacavallo che danno una mano a ripulire le fattorie. Stefano Patuelli ha messo un sacco di piccoli animali morti nell’alluvione sul ciglio della strada. Conigli, agnelli e volatili. Aspetta che qualcuno venga a ritirarli come gli hanno promesso. «Abbiamo avuto due estati per fare le cose che dovevano essere fatte, ma non è stato messo in campo nulla. Rispetto alla scorsa volta abbiamo avuto meno acqua ma è arrivata con una forza inaudita». «Ci chiedono – continua – di non strumentalizzare quello che è successo ma qui si tratta di negligenza e cattiva gestione dei fondi, pochi e mal distribuiti».

Per Patuelli sarebbe stato meglio puntare su una detrazione fiscale totale invece che intavolare questo lungo tira e molla burocratico. Poco più avanti sulla strada la cascina di Ivano Contessi. «Nelle vigne non si riesce a passare con i mezzi perché c’è troppa acqua e dunque la vendemmia non si farà. L’uva resterà sulle piante perchè non c’è nessuno che possa raccoglierla a mano». Troppe regole rendono difficile accedere ai fondi. «C’è una piattaforma digitale per i danni alle abitazioni, una per i danni alle strumentazioni e infine un’altra trafila per recuperare i raccolti agricoli mancati. Senza dimenticare che l’assicurazione pubblica, che dovrebbe risarcire i mancati guadagni, è stata sospesa senza nessuna motivazione».

Fonte: Il Sole 24 Ore