Tregua Gaza, Israele vuole 6 settimane di proroga della fase 1. Hamas: subito fase 2

Tregua Gaza, Israele vuole 6 settimane di proroga della fase 1. Hamas: subito fase 2

Il confronto negoziale è in corso, ma Israele e Hamas sono ancora lontani dall’avere una linea condivisa sulla gestione della tregua a Gaza dopo la conclusione della cosiddetta “prima fase”, ormai agli sgoccioli dopo il rilascio di 33 ostaggi (25 dei quali vivi e otto morti) e la consegna di oltre 640 prigionieri palestinesi all’organizzazione islamista da parte di Tel Aviv.

Secondo quanto riferito a Reuters da due fonti della sicurezza egiziane la delegazione israeliana impegnata nei negoziati al Cairo punta a ottenere una proroga di sei settimane della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco. Diverse fonti citate dai media israeliani sostengono però che le possibilità di ottenere un risultato immediato è molto ’bassa’, perché i negoziati sui termini della continuazione sono appena iniziati.

Hamas chiede “pressioni” internazionali su Israele

Da parte sua, Hamas è contrario alla proroga e vuole procedere con immediatamente la seconda fase, come concordato. Per questo, Hamas chiede alla “comunità internazionale pressioni” su Israele affinché “rispetti integralmente” quanto previsto “dall’accordo” per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e lo scambio di prigionieri “e si entri immediatamente nella seconda fase” dell’intesa “senza rinvii né esitazioni”. In un messaggio di cui dà notizia la tv satellitare al-Jazeera il gruppo rivendica il suo “pieno rispetto” degli impegni. “Al termine della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco e scambio di prigionieri, confermiamo il nostro pieno impegno per l’attuazione di tutte le disposizioni dell’intesa in tutte le fasi e tutti i dettagli”, si legge nel testo.

Le altre fasi dell’accordo in vigore

La “prima fase” di 42 giorni termina domani, 1 marzo, e al momento restano prigionieri a Gaza 59 rapiti tra soldati e civili, 24 dei quali si ritiene siano ancora vivi. La “seconda fase” prevede il rilascio dei restanti ostaggi israeliani, il ritiro delle forze israeliane dal corridoio Philadelphi, al confine con l’Egitto – da cui Israele non intende evacuare, secondo quanto annunciato il 27 febbraio dall’Idf – , e la fine definitiva del conflitto iniziato dopo l’attacco lanciato da Hamas il 7 ottobre 2023 contro Israele. L’accordo prevede anche una terza fase, ancora non meglio definitiva, che dovrebbe riguardare un piano di ricostruzione della Striscia di Gaza di tre-cinque anni (con le polemiche suscitate da un video postato dal presidente Usa Donald Trump), da attuare sotto la supervisione internazionale.

Ong: prigionieri rilasciati in condizioni “scioccanti”

Intanto, emergono dettagli sulle condizioni dei prigionieri palestinesi ultimamente rilasciati, che secondo quanto afferma l’organizzazione Euro-Med Human Rights Monitor sarebbero “scioccanti”, sottolineando in un comunicato che “gli effetti della tortura erano chiaramente evidenti, con i corpi emaciati delle persone rilasciate che rispecchiano la gravità di crimini sistematici e di trattamenti disumani”. Nella nota, l’organizzazione con sede in Svizzera ha riferito di “decine” di palestinesi arrivati ieri al Gaza European Hospital, nel sud della Striscia, che hanno avuto bisogno di “cure mediche urgenti perché i loro corpi mostravano segni di tortura e trattamento disumano”. “Oltre a grave debolezza ed esaurimento, il team sul campo di Euro-Med Monitor ha documentato gravi ferite”, ha aggiunto l’ong, “tra cui amputazioni di arti e grossi gonfiori causati dalla tortura”.

Fonte: Il Sole 24 Ore