
Tregua verso la scadenza, fase due a rischio flop. Israele pronto per nuovi raid
Scricchiola la cosiddetta fase due della tregua fra Israele e Hamas, dopo la scadenza alla mezzanotte di ieri del cessate il fuoco concordato fra le parti. Il timore è che la fine del primo periodo di distensione dia il via a nuovi raid israeliani sulla Striscia, anche se gli accordi vieterebbero i combattimenti in fase di trattativa.
In serata, il membro dell’ufficio politico di Hamas Basem Naim ha dichiarato ad Associated Press che non si è rilevato «alcun progresso» nei negoziati svolti al Cairo fra Israele, Qatar, Egitto e Stati Uniti. Fonti mediatiche parlavano di un flop completo delle trattative e descrivevano un Israele già «pronto» oggi a nuovi offensive.
Hamas: vogliamo completare fasi tregua
Il gruppo islamista ha ribadito al’emittente al Jazeera di voler «completare le fasi» della tregua con Israele e di «respingere categoricamente» la «presenza di forze straniere» nella Striscia di Gaza, in quello che è apparso come un messaggio indirizzato ai partecipanti al summit della Lega Araba previsto per la prossima settimana al Cairo. La prima fase del cessate il fuoco ha sancito il rilascio di 33 ostaggi, inclusi otto cadaveri, in cambio di quasi 2mila prigionieri palestinesi. La seconda dovrebbe porre fine alla guerra a Gaza e sbloccare il rientro degli ostaggi ancora in vita, aprendo gli scenari sul futuro della Striscia e lo scontro fra i vari «piani» che si stanno delineando.
Da un lato c’è quello del presidente Usa Donald Trump su una «riviera» gazawa con il trasferimento, coatto, dei palestinesi residenti. Dall’altro, a quanto ha confermato il premier palestinese Mohammad Mustafa, Autorità palestinese ed Egitto sveleranno un piano per la ricostruzione della Striscia di Gaza senza l’estromissione dei suoi cittadini. Sempre secondo Mustafa, il piano è pronto per l’attuazione e dovrebbe approdare sul tavolo del vertice arabo del Cairo dopo i colloqui preliminari nella capitale saudita Riad. Stando alle fonti egiziane citate dal quotidiano Al Ahram, l’incontro Riad non è comunque riuscito a compattare un «consenso arabo» sul progetto iniziale del piano, incagliato sulle troppe divergenze che resistono fra i leader di Egitto, Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti e i padroni di casa sauditi. Secondo le fonti del giornale egiziano, le esitazioni riguardano un impegno per la ricostruzione prima di una «completa uscita di scena di Hamas», ipotesi ritenuta indispensabile da alcuni interlocutori e irrealistica da altri. Nella ricostruzione del quotidiano Al Ahram, si parla anche di screzi sui dettagli della gestione della Striscia, del controllo della sicurezza a Gaza e sul ruolo stesso dell’Autorità palestinese.
L’ipotesi israeliana delle «bolle umanitarie»
Una terza via fra i piani di Usa e mondo arabo è emersa dall’ipotesi di un progetto israeliano per la gestione di Gaza, con un controllo ancora più serrato rispetto a quello attuale. Il disegno, rivelato dal quotidiano britannico Guardian, sarebbe stato svelato da Israele a Nazioni unite e organizzazioni umanitarie in un colloquio dello scorso mercoledì e ricalca il modello delle «bolle umanitarie»: la distribuzione di aiuti in aree di dimensione ridotta, allargando via via il raggio di azione sotto il monitoraggio delle forze militari.
Fonte: Il Sole 24 Ore