Truffe sui migranti, l’inchiesta di Salerno e il tesoriere Pd sospeso
Un giro di richieste fittizie di nulla osta al lavoro, che avrebbe interessato circa 2mila pratiche e coinvolto altrettanti extracomunitari disposti a versare somme fino a 7mila euro per ottenere un titolo d’ingresso o di soggiorno in Italia. L’inchiesta della Procura di Salerno – salutata dalla premier Giorgia Meloni come l’ennesima «conferma di quanto denunciato dal Governo: per anni, la gestione dei flussi migratori è stata terreno fertile per criminali senza scrupoli» – annovera 36 destinatari di misure cautelari e, tra gli arrestati, il dem Nicola Salvati, consigliere di opposizione ed ex vicesindaco del Comune di Poggiomarino (Napoli) che rivestiva anche la carica di tesoriere Pd, incarico da cui è stato prontamente rimosso dal commissario regionale del partito, Antonio Misiani, che lo ha sostituito con il tesoriere nazionale Michele Fina.
Dalla Campania nel 2024 il 32,8% delle domande di lavoro extra Ue
Ad aver aperto la strada all’indagine – questa è la seconda fase, dopo 47 misure cautelari già disposte la scorsa estate – è stato il boom delle domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari arrivato dalla Campania: ai click day di marzo 2024, come documentato dal Sole 24 Ore sulla base dei dati del Viminale, dalla regione, dove la disoccupazione è al 18% e le imprese censite al 31 marzo sono circa 600mila, è giunto il 32,8% delle domande, oltre il triplo della Lombardia (10,7%), che ha invece 940mila aziende e un tasso di disoccupazione di poco superiore al 4 per cento. Dalla Provincia di Napoli, in particolare, sono arrivate più domande di quelle sommate di Veneto ed Emilia Romagna, mentre le Province di Caserta e Salerno cercano più lavoratori di quelle di Roma e Milano. Dati da cui era nato l’esposto di Meloni all’Antimafia, lo scorso giugno, e la revisione delle regole sui flussi di lavoratori extra Ue con il decreto legge convertito in legge a novembre.
L’associazione a delinquere
Il blitz di Guardia di finanza e Carabinieri, disposto dal Gip del tribunale di Salerno, Giovanni Rossi, su richiesta dei sostituti procuratori Antimafia Francesca Fittipaldi e Claudia D’Alitto e dell’aggiunto Luigi Cannavale, e dell’Antiterrorismo, ha portato alla luce, secondo i magistrati, una vera e propria associazione a delinquere che si muoveva con la compiacenza di imprenditori e datori di lavoro compiacenti, professionisti, pubblici ufficiali, referenti di patronati, avvocati e commercialisti, proprio in vista dei click day previsti dai decreti Flussi per l’ingresso in Italia di lavoratori extra Ue. I destinatari delle misure cautelari rispondono di associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione, falso in atto pubblico e autoriciclaggio.
Proventi illeciti e false fatture
Per il procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, si tratta dell’«inchiesta madre sul malaffare» legato all’immigrazione regolare: l’associazione criminale avrebbe generato un volume di affari illeciti stimato in diversi milioni di euro e si sarebbe avvalsa anche di società costituite appositamente sfruttando identità digitali rubate. Agli stranieri sarebbe stato richiesto un pagamento in più tranche: mille euro solo per vedersi inoltrare la domanda; 2mila euro per il rilascio del nulla osta; altri 2mila euro per il visto e poi gli ultimi 2mila per ogni contratto fittizio firmato. Sarebbero stati “ricompensati” con 800 euro, invece, sia i funzionari dei patronati sia i dipendenti degli Ispettorati territoriali del lavoro di Salerno e Napoli. Un giro di proventi illeciti e false fatture che ha condotto anche a un decreto di sequestro preventivo di somme di denaro.
Il ruolo del dem Salvati
A capo dell’organizzazione, secondo gli investigatori, ci sarebbe stato Raffaele Nappi, di Angri, già coinvolto nel primo step delle indagini. Ma il nome che ha scatenato la polemica politica è quello dell’esponente del Pd Nicola Salvati. Secondo le trecento pagine dell’ordinanza firmata dal Gip, Salvati, assieme al padre Giovanni con cui è titolare di uno studio di commercialisti, avrebbe avuto il compito di «formare o aggiustare la falsa documentazione necessaria per la presentazione e/o il buon esito delle istanze o comunque di fornire indicazioni al fine di farla “correggere” ai datori di lavoro direttamente interessati, nonché di predisporre false fatture». Un espediente, secondo gli inquirenti, «strumentale all’artificioso aumento del volume d’affari propedeutico alla presentazione e finalizzazione delle istanze relative ai decreti flussi ed emersione, nonché dell’autoriciclaggio delle somme di provenienza illecita». Le conversazioni intercettate fornirebbero il riscontro al «coinvolgimento stabile, duraturo e reiterato» dei Salvati nella vicenda.
Fonte: Il Sole 24 Ore