Trump e Biden, due presidenti alla resa dei conti con la magistratura
Uno ha le valigie pronte, l’altro conta le ore prima di insediarsi. Visti uno accanto all’altro, sembrano il giorno e la notte: il democratico e quello più a destra tra i repubblicani; il politico di lungo corso e l’anti-politico che parla alla pancia del Paese; l’ex vice del primo presidente nero della storia degli Usa e il tycoon adorato dai suprematisti. Eppure. Eppure, per l’eterogenesi dei fini o chissà quale altra strana congiuntura, Joe Biden e Donald Trump, l’inquilino uscente della Casa Bianca e il presidente eletto, sono entrambi alla resa dei conti con la giustizia americana. E alla vigilia della cerimonia di insediamento va in scena un curioso inedito nella storia degli Stati Uniti d’America.
Il caso della grazia a Hunter Biden
David Weiss, il procuratore speciale che aveva incriminato Hunter Biden per evasione fiscale e detenzione illegale di un’arma, ha criticato per esempio il presidente uscente, padre dell’imputato, per averlo accusato falsamente di aver trattato suo figlio in modo diverso solo per il suo cognome. Figlio poi graziato per questo motivo. «Queste accuse infondate non hanno alcun merito e ripeterle minaccia l’integrità del sistema giudiziario nel suo complesso», ha affermato Weiss nel rapporto finale, appena diffuso. Weiss ha anche osservato che «le caratterizzazioni del presidente sono errate in base ai fatti in questo caso e, a un livello più fondamentale, sono sbagliate». Le accuse penali contro Hunter Biden, scrive, «sono state il culmine di indagini approfondite e imparziali, non di politica di parte. Altri presidenti hanno graziato membri della famiglia ma, nel farlo, nessuno ha colto l’occasione come un’opportunità per diffamare i dipendenti pubblici del dipartimento di Giustizia basandosi esclusivamente su false accuse», ha aggiunto.
Trump contro Jack Smith
Poi c’è Trump che, un po’ per la sua vita turbolenta da imprenditore e un po’ per l’altrettanto turbolento primo mandato conclusosi con l’assalto a Capitol Hill, di processi a carico ne ha visti più di uno. E per la vicenda dei soldi alla pornostar Stormy Daniels è stato anche condannato, ma senza carcere né multa, così da non complicarne l’insediamento. «The Donald» ha commenta sul suo social Truth la notizia delle dimissioni di Jack Smith, il procuratore che aveva istruito i due procedimenti federali contro il tycoon, in relazione al tentativo di sovvertire i risultati delle elezioni del 2020 e alla detenzione di documenti riservati a Mar-a-Lago, senza giri di parole: «Lo squilibrato Jack Smith è stato licenziato oggi dal Dipartimento di Giustizia. È una vergogna per sé stesso, per la sua famiglia e per il suo Paese. Dopo aver speso oltre 100 milioni di dollari per la caccia alle streghe contro TRUMP, ha lasciato la città a mani vuote», ha postato il presidente eletto.
Rapporto Smith: The Donald provò a sovvertire l’esito delle elezioni 2020
Il caso vuole che sia stato appena pubblicato il Rapporto Smith, nel quale viene messo nero su bianco che se non fosse stato eletto presidente a novembre, Donald Trump sarebbe stato condannato per il caso delle interferenze sul risultato delle elezioni del 2020. l rapporto di 174 pagine visionato da alcuni media Usa e del quale il Procuratore generale, Merrick Garland, ha autorizzato la pubblicazione – alla quale si erano invece opposti gli avvocati di Trump -, descrive in dettaglio quelli che vengono definiti «gli sforzi criminali del presidente eletto per mantenere il potere» dopo aver persone le elezioni del novembre 2020. Il team di Smith afferma senza mezzi termini di ritenere che Trump abbia tentato di «sovvertire la volontà popolare e di rovesciare i risultati delle elezioni».
Fonte: Il Sole 24 Ore